Moriva il 2 gennaio di 60 anni fa, Fausto Coppi, immagine di un’Italia e di un ciclismo che non ci sono più. Maschera di fatica, eleganza sui pedali, miracolo sportivo. Il Campionissimo se ne andò a soli 40 anni: lo portò via la malaria contratta in Africa, ma ancora di più una diagnosi sbagliata dai medici che lo ebbero in cura. Era a fine carriera, aveva già fatto in tempo a vincere tutto il possibile, ad affermarsi come emblema di una nazione che anche grazie alle sue imprese sperimentava, nel drammatico ed esaltante Dopoguerra, la capacità di risollevarsi e di scoprirsi rinata. Sono, le sue, pagine di storia entrate a far parte dell’immaginario collettivo popolare. Chi, almeno una volta nella vita, non ha osservato la foto di Coppi e Bartali, i nemici/amici, i rivali di sempre, nell’atto di passarsi la borraccia? E chi non si è chiesto quale dei due avesse offerto aiuto all’altro, conoscendo intimamente l’unica risposta che conta: e cioè che importa poco, lo avrebbero fatto entrambi.
FAUSTO COPPI, “UN UOMO SOLO AL COMANDO”
“Un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste; il suo nome è Fausto Coppi”. Sono le parole di Mario Ferretti, anche queste, entrate nella storia di uno sport, il ciclismo, leggendario per indole, ma reso immortale da eroi come Coppi. Fosse vissuto in quest’epoca, ci sono pochi dubbi sul fatto che Peter Sagan, a confronto con lui, sarebbe parso un personaggio dal triste grigiore. Era moderno in tutto, Coppi. Memorabili i duetti canori in una televisione ancora giovani con “Ginettaccio”. Ma anche la passione per Giulia Occhini, la Dama Bianca, la donna della quale si innamorò benché fosse già sposato e padre, e dalla quale ebbe un figlio, Faustino, nonostante a quell’epoca le separazioni costituissero addirittura reato. Ha offerto un contributo alla storia d’Italia, al suo immaginario, di portata tale che il suo palmares, fatto di 5 Giri d’Italia, 2 Tour de France, 5 Giri di Lombardia, 3 Milano-Sanremo, e poi Roubaix e Freccia Vallone, per oltre 150 corse vinte, non è abbastanza per descriverne l’eredità. Quella di un mito, che resiste agli anni che passano, tanto è stato avanti nel suo tempo. Un uomo solo al comando, appunto.