Massimiliano Fazzini, esperto geologo responsabile del team Rischio climatico della Società italiana di geologia ambientale, sulle pagine del Foglio ha commentato la critica alluvione di questi giorni in Emilia-Romagna. Un problema che a suo dire è strutturale, di un’Italia bloccata dai veti ambientalisti che, talvolta, non permettono di intervenire con infrastrutture impattanti, ma che potrebbero di contro essere dei veri e propri salvavita.



“L’Emilia-Romagna“, ha spiegato Fazzini, “è da sempre all’avanguardia nella ricerca ambientale. Il problema è che negli ultimi dieci anni dal punto di vista infrastrutturale non è stato fatto nulla“, in un territorio che è, spiega, “mediamente a più alto rischio idrogeologico”. La ragione, secondo il geologo è da cercare nella “spinta ambientalista all’interno della politica emilianoromagnola”. Ritiene, tuttavia, che l’evento registrato in questi giorni sia stato del tutto eccezionale, perché “sono caduti 500 millimetri di pioggia, che rappresentano il 70 per cento della precipitazione media annua”, ma questo secondo il geologo Fazzini non deve necessariamente far interrompere le discussioni e i ragionamenti su quello che si sarebbe potuto fare in passato.



Fazzini: “Lavoriamo sulle infrastrutture”

“L’unica struttura che aveva cominciato a occuparsi seriamente del problema era Italia Sicura”, spiega ancora Fazzini analizzando il problema più nel dettaglio, “la struttura di missione per la riqualificazione dell’edilizia scolastica e il dissesto idrogeologico, ma è stata cancellata”. Le cose, tuttavia, sembrano essere cambiate con il nuovo governo, spiegando che “è stata fatta la rilettura del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, bloccato da sette anni”.

Ma neppure quello, secondo Fazzini, basterebbe, perché “ora si devono fare i passi decisivi sul piano infrastrutturale”. In particolare, ritiene che “con questo nuovo clima bisogna regimare i corsi d’acqua, laddove occorra anche con opere impattanti sull’ambiente, ma sempre nel rispetto di quest’ultimo”, sottolineando che “quando occorrono, le opere bisogna farle”. Complessivamente, per il geologo “dobbiamo adattarci e cercare di ridurre al massimo delle nostre potenzialità, tenendo conto dell’ambiente, il rischio effettivo, facendo sì che il rischio residuo sia il più basso possibile”. Fazzini chiude, poi, con un ulteriore consiglio, “il 94 per cento del territorio italiano è messo come la pianura emiliano-romagnola, quindi i fondi del Pnrr andrebbero maggiormente destinati a opere finalizzate a contrastare il rischio idrogeologico”.