La proposta di fusione paritaria che Fca ha presentato a Renault è un fatto che può avere ripercussioni decisive sul futuro dell’industria dell’auto a livello globale e, naturalmente, per il nostro Paese. L’eventuale fusione porterà alla nascita di un gruppo da 8,7 milioni di auto vendute, il terzo al mondo dietro a Volkswagen e Toyota. Inoltre, se in futuro si profilasse una possibile integrazione anche con gli alleati asiatici di Renault (Nissan e Mitsubishi), nascerebbe il leader mondiale da 17 milioni di auto vendute.
Se andasse in porto l’intesa tra i due gruppi, per l’Italia vi sono grandi opportunità. Naturalmente è difficile fare valutazioni e stime precise, ma, considerando che il fattore sovrapposizione è più che altro limitato alle utilitarie (che Fca sta producendo sempre meno), ciò ci dice quanto l’alleanza tra i due colossi possa fare da volano per entrambi verso i due mondi: America, dove Fca è di casa, e Asia, dove prima Fiat e poi Fca hanno sempre cercato di sfondare.
La proposta di Fca a Renault conferma quanto Marchionne ha dichiarato per anni e quanto era nelle intenzioni del gruppo: Fca per il suo consolidamento ha bisogno di un’alleanza, perché la grande trasformazione della produzione sarà fortemente selettiva e i player che vi sopravviveranno saranno – non più di 6 diceva Lucky Sergio – quelli che avranno le risorse necessarie per gestire l’imponente transizione alla mobilità elettrica e verso la guida autonoma, ma anche una rete commerciale globale.
Fca, nonostante il grande lavoro fatto in questi anni, resta non solo debole sul mercato asiatico, ma è anche in ritardo sul fronte della mobilità elettrica e autonoma: è soprattutto in quest’ottica che la proposta di fusione paritetica ha valore per Fca e, anche, per l’Italia.
Sul fronte sindacale, naturalmente vi è la giusta cautela in ragione del fatto che ancora nessuno conosce i dettagli e le possibilità concrete della possibile fusione; ma anche la contezza che da tale operazione possa uscire rafforzata la produzione italiana che resta, qualitativamente parlando, la migliore del gruppo. Gli stabilimenti italiani sono tra i più moderni al mondo e occorre garantire investimenti e occupazione. Fca per il momento ha dato garanzie di non chiusura degli stabilimenti italiani, ma queste vanno riconfermate in un incontro di confronto sindacale.
Queste non solo sono partite decisive l’economia italiana e per un settore, come quello dell’automotive, che in tutte le economie avanzate è nevralgico, ma i connotati che può assumere l’operazione ci dicono che vi è sempre più bisogno di un sindacato internazionale. La rappresentanza sociale ha bisogno di crescere la sua dimensione europea e globale: il sindacalismo avrà un futuro vivace soltanto se rafforzerà l’organizzazione delle reti sindacali globali.
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