SCONTRO SULLE FECONDAZIONE ASSISTITA A SIENA: DONNA VUOLE IMPIANTARE GLI EMBRIONI CONGELATI CON L’EX, LUI SI OPPONE. ECCO COSA HA DECISO IL GIUDICE
Non è mai un caso semplice né tantomeno banalizzabile tutto ciò che concerne la sfera della vita umana e del suo concepimento “assistito”: il caso che sta facendo parlare la giurisprudenza a livello nazionale arriva da Siena, con una donna che richiede di poter impiantare gli embrioni congelati dopo fecondazione assistita nel 2016 anche se non più in relazione con il suo ex. Lui si oppone e diffida la clinica a procedere con l’impianto, perciò il caso inevitabilmente arriva fino al Tribunale: ne parla oggi il “Corriere della Sera” ma il riferimento va subito alla sentenza della Corte Costituzionale che nel luglio 2023, esattamente un anno fa, diede ragione ad una donna in un caso potenzialmente “simile”.
Non essendoci ancora una legge che disciplini appieno la materia già ultra delicata di per sé, la giudice del Tribunale di Siena, Valentina Lisi, ha emesso una ordinanza lo scorso 27 giugno 2024 in cui sostanzialmente dà ragione all’uomo rigettando il ricorso della donna che invece chiedeva un via libera diretto all’impianto degli embrioni. La procreazione medicalmente assistita è stata eseguita appunto nel 2016 seguendo appieno i dettami della legge: vennero fecondati due embrioni in vitro, crioconservati in attesa dell’impianto finale. La lite e la separazione dei due conviventi ha di fatto impedito di procedere con la fase ultima con però i due convinti e disposti a voler donare gli embrioni, di fatto due vite già presente in potenza: nel 2023 la donna decide però di ripensarci e con il desiderio di diventare madre persegue il suo obiettivo, trovando però il no secco dell’ex compagno.
EMBRIONI E FECONDAZIONE “SUCCESSIVA”: SI APRE IL CASO VERSO LA CONSULTA
La donna di Siena aveva chiesto un provvedimento d’urgenza visto la sua età sopra i 40 anni e dopo un percorso psicologico è stata definita «pronta alla genitorialità», rivela ancora il “Corriere” citando i faldoni del Tribunale. La giudice non ci sta e ribatte nell’ordinanza: «ha avanzato la prima richiesta di trasferimento embrionale in utero a distanza di otto anni dalla fecondazione e che in tale lungo tasso temporale, la ricorrente ben avrebbe potuto esperire utilmente un ordinario giudizio di merito al fine di veder tutelato il proprio diritto». Non solo, la giudice sottolinea come sia passato troppo tempo dall’iniziale intento comune di procedere con l’impianto degli embrioni criocongelati, anche perché «manca il consenso informato dell’uomo».
«È una decisione che non condividiamo e che si discosta dell’insegnamento della Suprema corte. Con la mia assistita ci riserviamo di fare una valutazione più approfondita»: così spiega l’avvocato della donna, Gabriele Gragnoli, all’ANSA. È scontro totale con l’altro avvocato, Maria Grazia Di Nella, che invece difende l’uomo protagonista della vicenda a Siena: secondo il legale infatti la coppia era separata da tempo, quasi 8 anni, e si tratta dunque di una casistica diversa da quella normata dalla sentenza del 2023. «Avevano cercato cliniche all’estero per donare gli embrioni, e tra l’altro per quasi due anni non avevano più pagato il canone per la loro conservazione», aggiunge Di Nella sottolineando come sia assurdo che il consenso prestato inizialmente dall’uomo «duri per sempre. Credo che vadano rispettate entrambe le parti». Da un lato serve ovviamente rispettare il desiderio della donna di diventare madre, ma occorre – conclude l’avvocato dell’uomo – anche prestare attenzione alle intenzioni del compagno, «potrebbe essersi creato una nuova relazione stabile. Anche perché, in questo caso, non è detto che tutto sia finito».
Occorre ricordare che proprio la Consulta ha reso possibile nel 2009 la crioconservazione degli embrioni, andando contro il divieto imposto dalla Legge 40 del 2004: da allora i casi come quello di Siena sono stati diversi, con una disparità abbastanza importante sancita con l’ultima sentenza del 2023. Se infatti la donna cambia idea circa l’impianto degli embrioni già fecondati e congelati, ha il diritto di farlo in quanto «nessuno può costringere una persona a un trattamento medico non voluto». Per quanto riguarda invece l’uomo, il quadro cambia: secondo la Corte Costituzionale infatti, con sentenza del luglio 2023, l’ex non può opporsi ed è di fatto “obbligato” a diventare padre. Tre le strade che restano alla donna ora: accettare la decisione del Tribunale, fare ricorso d’urgenza oppure attendere un giudizio di merito e arrivare alla Consulta nuovamente, con tempistiche però nettamente più lunghe. Da questa cronaca di fatti e posizioni, resta fuori ma non può non essere considerato il fatto che vi sono due vite “appese” da anni con la pratica della crioconservazione: al netto delle questioni legali e politiche, a livello etico-morale-social la vicenda è tutt’altro che “minima” e non può essere risolta con una “semplice” legge o sentenza giuridica.