168 cuccioli di topo provenienti dallo spazio: quella che potrebbe sembrare la trama di un film di fantascienza è in realtà una notizia reale e verificata ed è frutto di un lavoro condotto dai ricercatori giapponesi, che, utilizzando sperma di topo conservato per sei anni nel cosmo in forma liofilizzata, sono riusciti a dare alla luce i piccoli, perfettamente sani e senza anomalie genetiche, nonostante la continua esposizione a potenti radiazioni spaziali. L’annuncio è stato effettuato sulle colonne della rivista “Science Advances” nella giornata di venerdì 11 giugno 2021 e ripresa dal portale “Phys.org”.
In particolare, il seme, dopo essere stato riportato sulla Terra, è stato reidratato e ha consentito di far venire al mondo una nutrita cucciolata. Il biologo e autore principale dello studio, il nipponico Teruhiko Wakayama, ha dichiarato che non c’era differenza tra i topi fecondati dallo sperma spaziale e da quelli nati da sperma rimasto confinato sul nostro pianeta: “Tutti i cuccioli avevano un aspetto normale e non sono state trovate diversità”.
CUCCIOLI DI TOPO DALLO SPAZIO: IL SUCCESSO DELLA RICERCA DI UN TEAM DI BIOLOGI GIAPPONESI
Come si è giunti a questa scoperta scientifica? Per saperlo, occorre riavvolgere il nastro temporale sino al 2013, quando Wakayama e i suoi colleghi dell’Università di Yamanashi in Giappone lanciarono tre scatole, ciascuna contenente 48 fiale di sperma liofilizzato, sulla ISS per lo studio a lungo termine. Il loro obiettivo era quello di determinare se l’esposizione a lungo termine alle radiazioni nello spazio avrebbe danneggiato il DNA nelle cellule riproduttive o trasmesso mutazioni ai cuccioli di topo. I lotti sono stati riportati sulla Terra per la fecondazione dopo i primi nove mesi, poi dopo due anni e infine dopo sei anni, portando a centinaia di nascite. Quando i topi spaziali hanno raggiunto l’età adulta, sono stati accoppiati in maniera del tutto casuale e anche la generazione successiva è apparsa normale. “In futuro, quando verrà il momento di migrare su altri pianeti, avremo bisogno di mantenere la diversità delle risorse genetiche, non solo per gli esseri umani, ma anche per gli animali domestici e gli animali da compagnia”, hanno scritto Wakayama e i suoi colleghi nel loro documento.