Quali sono i rischi per la salute dei bambini nati con la fecondazione in vitro? A parlarne, in una intervista a Le Monde, è stato Pierre Jouannet, biologo della riproduzione e professore emerito all’Università di Paris-Descartes, che ha redatto un rapporto sul tema insieme ad altri esperti dell’Accademia di medicina francese. “Nel complesso, non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma la ricerca in merito è eterogenea, a volte contraddittoria”, ha premesso.



Alcuni studi hanno evidenziato dei maggiori rischi cardiaci e vascolari, mentre altri un eccesso di tumori. Non ci sono però ancora evidenze. “Se si osservano problemi di salute, va sottolineato che possono anche essere collegati alla trasmissione parentale o addirittura essere in parte la conseguenza di una maggiore attenzione prestata dai genitori allo sviluppo e alla salute dei propri figli. Per quanto riguarda l’insorgenza del cancro, le pubblicazioni in questione si sono concentrate su piccoli numeri, mentre quelle su grandi campioni non hanno identificato alcun pericolo”.



Fecondazione in vitro, quali rischi per bambini: il parere di Pierre Jouannet

Pierre Jouannet ritiene però che sia necessario continuare ad approfondire i rischi per la salute dei bambini nati da fecondazione in vitro. “In questo campo, abbiamo dei lavori sperimentali, in particolare nei topi. Questi hanno dimostrato che esemplari derivanti dalla fecondazione in vitro possono avere disturbi cardiovascolari legati allo stress ossidativo, da un meccanismo epigenetico. Quindi, dobbiamo continuare. In Francia è in corso un ampio lavoro epidemiologico su una coorte di oltre 100.000 bambini nati da embrioni freschi o congelati”.



L’aspetto in questione è fondamentale affinché possano esserci delle certezze maggiori sulla questione. “Sono oltre 1.500 le pubblicazioni su riviste scientifiche sulla salute a medio e lungo termine di questi bambini. Ma siamo ancora lontani dal sapere tutto, visto che i più anziani hanno ormai quarant’anni per i nati da FIVET, o trent’anni per quelli concepiti dall’ICSI. Alcuni paesi sono stati più attivi e di successo, altri sono rimasti indietro”, ha concluso.