Un caso controverso, il terzo in Italia (e il primo in Puglia) con un’autorizzazione alla richiesta di “fecondazione post-mortem” da parte di una mamma rimasta vedova più di un anno fa: da Lecce le nuove “frontiere” della scienza si ritrovano sotto le luci della ribalta per quello che rimarrà un caso tutt’altro che “secondario” negli sviluppi della scienza universale. I due coniugi iniziano tutte le procedure per la procreazione mediamente assistita nel 2015, prima della diagnosi di tumore riscontrata nell’uomo che purtroppo lo scorso anno ha portato fino alla morte: le avevano provate tutte, anche una seconda gravidanza inizialmente avanzata ma poi purtroppo naufragata per aborto spontaneo. A quel punto l’idea di partecipare al programma per la fecondazione assistita sembrava l’ultima strada: poi la malattia e il dramma della scomparsa prematura del suo amato marito. Come spiega Il Nuovo Quotidiano di Puglia, la novità arriva in queste ultime settimane quando la battaglia della giovane madre è proseguita ed ha avuto pieno effetto: il centro per la procreazione assistita, senza il via libera di un giudice, non ha proceduto all’impianto degli embrioni.



FECONDAZIONE “POST MORTEM”: IL CASO IN PUGLIA

Le tempistiche si erano infatti bloccate proprio per la malattia dell’uomo che aveva fatto propendere alla famiglia di attendere ad impiantare gli embrioni già fecondati: il ricorso fatto poi dalla madre in questi mesi ha visto il Tribunale di Lecce impegnato a dirimere il “nodo” dell’articolo 5 della legge sulla procreazione assistita «possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». Il ricorso presentato dall’avvocato Tania Rizzo ha avuto effetto positivo con i giudici che hanno riconosciuto quanto richiesto dalla legale della madre dopo due mesi di ricorsi, udienze e battaglie: il diritto della madre alla maternità, il consenso fatto prima della morte del marito alla fecondazione e successiva gravidanza e da ultimo la norma inserita nella Legge 40 che vieta la soppressione dell’embrione. L’ok del tribunale ora è effettivo e il figlio legittimo della coppia, pur con una “fecondazione” (o meglio, gravidanza) post mortem, nascerà nel 2020. I colleghi del quotidiano salentino hanno espresso i 4punti sui quali i giudici si sono basati per questa decisione che nei fatti “modifica” la legge sulla procreazione assistita: i coniugi erano in vita nel momento della procedura; diritto dell’embrione alla vita; l’impossibilità del partner di revocare il proprio consenso; l diritto della donna a ottenere, sempre, il trasferimento degli embrioni crioconservati.

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