Nella giornata del 12 dicembre è stato diffuso il dato tendenziale annuo dell’inflazione Usa riferito al mese di novembre, che è risultato essere del 3,1%, quindi identico alla stima riportata da Bloomberg che raccoglie le previsioni di operatori del mercato di Wall Street. Anche nel mio intervento di stima avevo indicato un valore puntuale del 3,1% con valore minimo dell’intervallo del 3,0%; elaborazione pertanto in linea con i dati effettivi. Tutto questo, secondo le mie analisi, in quanto il fattore trainante dell’attuale fenomeno inflazionistico, e cioè il petrolio, ha rintracciato come livello medio dei prezzi, ove, anzi, si può già affermare che per i valori intravisti fino alla metà di dicembre ci troveremo non lontanissimi dal 2,9% circa di inflazione tendenziale per dicembre, questo a patto che l’attuale prezzo medio del barile Wti resti non superiore ai 73 dollari al barile circa.



Vanno poi evidenziate per completezza informativa le svariate distinzioni che vengono fatte da vari centri di analisi, e parliamo cioè dell’inflazione core, depurata da alimentari e componente energetica, sostanzialmente fissa al 4,0%, mentre a mio parere, più interessante, anzi fondamentale, è sempre lo studio della varianza dell’indice complessivo di inflazione, e parliamo cioè delle diverse dinamiche di incremento e decremento dei vari servizi e beni.



Sembrerebbe, quindi, di trovarsi di fronte a movimenti contrastanti nel complessivo settore trasporti, ove a fronte di decrementi dei prezzi dei beni si assiste invece a un certo aumento, superiore al dato medio inflattivo di cui sopra, dell’utilizzo dei servizi a essi associati (biglietti, tariffe, viaggi, ecc.) e ad aumenti sopra la media in tanti servizi riguardanti la persona (assicurazioni, cure mediche, ecc.).

Cioè, la varianza dell’indice inflattivo è molto più importante dell’indice medio stesso dato che ha un ordine di grandezza 10 volte superiore all’incirca, e in effetti a decrementi negativi di prezzi del 2% vanno comparati incrementi del 10% e via dicendo; comunque questi aspetti di cui abbiamo appena tratteggiato sono la sintomatologia dell’inflazione, mentre le cause risiedono altrove, come svariate volte sottolineato: dinamica dei prezzi dell’energia e disavanzi federali.



Va inoltre ricordata l’importante conferenza serale, ora italiana, del Presidente Fed di mercoledì 13 dicembre, nella quale sostanzialmente, come riportato nell’articolo di stima al dato di dicembre, la Fed sceglie l’unica strada percorribile: attendismo di fronte agli eventi e invarianza dei tassi al 5,5% come limite superiore; traspare, ma è quasi un atto dovuto, che se la situazione dei prezzi migliora nel 2024 sono pronte già dalle riunioni di marzo 2024 ipotesi di iniziali tagli, nella misura standard del 50% di punto; l’impressione che se ne ricava ex abrupto è che siamo in presenza di un discorso pieno di verbi al condizionale.

Non può essere altrimenti, in quanto la Fed al momento non ha le leve per intervenire sulle cause inflazionistiche, bensì può solo per quanto possibile modularne gli effetti per settori di attività e beni di consumo; lo stesso dato sulla disoccupazione, infatti, non fa altro che alimentare incertezze, perché, come anche qui più volte sottolineato, è al momento un dato con scarsa connotazione qualitativa, in quanto si sommano tra di loro settimane di disoccupazione troppo differenti l’una dall’altra, e la riprova ulteriore di ciò la si ha nel magmatismo poco decifrabile della partecipazione alla forza lavoro; da un altro punto di vista, queste connotazioni ci informano che siamo in un periodo di profonde trasformazioni sociali e territoriali che lasciano aperti e irrisolti molti quesiti.

Si riescono ad avere molte più informazioni qualitative dai vari indici manifatturieri analizzati e gestiti dalle varie sedi territoriali della Fed, in quanto in tal modo non solo si registra il dinamismo industriale, ma anche la sua variazione qualitativa. Del tutto evidente che il passaggio al dato salariale e occupazionale viene spiegato da tali indici, ma ricordiamolo che non è né una spiegazione diretta, né quantitativa; d’altra parte, disaggregare le settimane di disoccupazione per settori anche macro industriali e aziendali non è per nulla un compito semplice; si ragiona, allora, in maniera di second best, e cioè che se la disoccupazione resta bassa significa che in qualche modo ci sono datori di lavoro che assumono e se lo fanno tra servizi industria e agricoltura, vuol dire che in qualche modo il sistema è pulsante e non in recessione; ricordiamo per tale verso, infatti, il sorprendente dato del terzo trimestre del Pil Usa al 5% di variazione tendenziale; però, nella conferenza di Powell di mercoledì sera, già accennava il Presidente Fed a un rallentamento economico, pur in presenza di un mercato del lavoro robusto.

Personalmente, senza troppi giri di parole, io credo che la tonicità del mercato del lavoro a stelle e strisce sia dovuta soltanto alla sua enorme flessibilità e bassa copertura di rischi sistemici, la qual cosa significa lavoratori stagionali di ogni tipo e genere; non è questa la bassa disoccupazione che aiuta.

Insomma, il dato inflattivo di novembre è secondo me più o meno volutamente ed esplicitamente ben spiegato dal Presidente Fed: un dato cioè che è buono perché di fatto basso e tendente a mitigarsi, dove però la parte non buona del discorso è che i se i quando delle cause inflattive sono fuori dalla possibilità di gestione della Fed. È per tale motivo che c’e quindi grande attesa da parte degli operatori di mercato ai tassi Fed, perché più che dei tassi e del loro livello oggi interessano gli scenari che hanno le autorità monetarie; in sostanza, più la Fed usa i condizionali e più alimenta incertezze nei mercati, se invece usasse espressioni definite e complete, oggi i mercati le accoglierebbero con grande entusiasmo, soprattuto io credo sui comparti azionari più flessibili e forieri di incrementi.

Alla Fed stanno, pertanto, in qualche modo esplicitando che per chiedere indicazioni certe, agli operatori di mercato tocca chiedere ad altre istituzioni. Presso di essa, la Fed, riescono solo a illuminare più o meno la strada notturna, ma la presenza di buche e di curve non è di loro responsabilità.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI