Mercoledì 12 giugno è stata una giornata estremamente movimentata per il mercato Usa. Erano due gli appuntamenti che gli investitori stavano aspettando con trepidazione: il rilascio del dato sull’inflazione e l’appuntamento del Fomc, con il relativo rilascio delle proiezioni future della Fed. Se volessimo riassumere questa giornata in poche e semplici parole, potremmo dire che il mercato si mostra e continua a mostrarsi estremamente ottimista, facendo presagire che il peggio sia passato e da ora in poi tutto potrà solo migliorare.
Partendo dal dato dell’inflazione statunitense, il dato di maggio è andato sotto le aspettative, attestandosi annualmente al 3,3%, contro le previsioni del 3,4%. Ad aprile 2024 l’inflazione si era attestata al 3,4%, mentre mensilmente non c’è stata alcuna variazione fra aprile e maggio. La diminuzione che è piaciuta maggiormente agli investitori è stata quella del core Cpi, il quale si è attestato anch’esso al 3,4%, con un incremento mensile dello 0,2% rispetto al mese precedente, ma inferiore rispetto al 3,6% annuale registrato lo scorso mese.
Grafico 1 – Consumer Price Index Usa (variazione % annuale)
Dando un’occhiata più da vicino alle varie componenti che compongono i prezzi al consumo, notiamo che l’energia è calata significativamente, con un -2% mensile, parallelamente la componente dei servizi è incrementata mensilmente dello 0,2%, in diminuzione rispetto agli aumenti di marzo e aprile 2024, rispettivamente dello 0,5% e 0,4%. La componente dello shelter è cresciuta dello 0,4%, rimanendo perciò ancora molto appiccicosa. I prezzi dei servizi di trasporto sono invece diminuiti mensilmente dello 0,5%, ma rimangono a un 10,5% di incremento annuale.
In generale, perciò, l’inflazione all’interno di questa lettura ha dato leggeri segni di rallentamento, soprattutto sulla parte core dei servizi, che finora continuava a crescere a un ritmo mensile abbastanza costante. Questo segnale è piaciuto particolarmente agli investitori, i quali hanno fatto salire il mercato azionario e scendere i rendimenti obbligazionari, segno di un taglio della Fed che è sempre più vicino.
Parallelamente, nella giornata di giovedì 13 giugno, è stato pubblicato anche l’indice dei prezzi alla produzione, il quale è sceso mensilmente dello 0,2% e si è attestato annualmente al 2,2%, in leggera diminuzione rispetto al 2,3% dello scorso mese. Il decremento è stato causato prevalentemente dal grande calo nei prezzi alla produzione energetici.
Successivamente al dato dell’inflazione, è stato il turno di Powell, il quale ha mantenuto invariati i tassi d’interesse al 5,5%, prevedendo un solo taglio dei tassi entro fine anno. Quest’ultimo è un punto importante, poiché i mercati prima del Fomc prevedevano due tagli entro fine anno, rispettivamente a settembre e a dicembre, e ora, nonostante le parole e le proiezioni della Fed, continuano a prevederne due. Powell ha ribadito come, a differenza del primo trimestre di quest’anno, i dati sull’inflazione stanno ora dando segni di rallentamento, sebbene moderati, e che il mercato del lavoro sta cominciando ad allentarsi leggermente, mostrando un equilibrio maggiore fra domanda e offerta. Ha perciò affermato che gli effetti della politica monetaria restrittiva si stanno manifestando, ma son necessarie ulteriori conferme per dichiarare che l’inflazione si stia spostando effettivamente al 2%.
La Fed prevede perciò un taglio entro la fine dell’anno, rispetto a marzo 2024 quando ne prevedeva tre, e circa quattro durante il 2025. Ha incrementato inoltre le proiezioni sull’inflazione Pce per fine 2024, dal 2,4% previsto a marzo al 2,6%, mentre nel 2025 prevede un 2,3%. Ciò che è molto interessante notare è come sia stato spostato il tasso neutrale di lungo periodo, dal 2,6% al 2,8%. Il tasso neutrale corrisponde al tasso teorico, detto anche tasso d’equilibrio, per cui l’economia non viene né stimolata, né rallentata; perciò, permette di mantenere piena occupazione e produzione nell’economia a fronte di un’inflazione stabile. L’aumento di questo tasso può indicare che la Fed prospetta un’economia statunitense che è in grado nel lungo periodo di far fronte a tassi più alti, perciò un’economia più robusta.
Grafico 2 – Dot Plot Chart
La situazione per gli investitori sembra perciò esser estremamente positiva. Le parole della Fed continuano ad alimentare il mercato, che sembra non esser più concentrato sul numero di tagli entro la fine dell’anno, bensì sul fatto che il ciclo di rialzo dei tassi è terminato e d’ora in poi potrà cominciare a circolare più liquidità nel sistema. Anche il dato sull’inflazione, sebbene il rallentamento nel core Cpi sia stato moderato, ha fatto sì che gli investitori festeggiassero e continuassero a lasciarsi il peggio alle spalle.
La situazione potrebbe però esser molto più complessa e meno rosea. L’inflazione è infatti ancora sopra il 3% e continua a rimanere appiccicosa, dando troppi pochi segni di rallentamento: serviranno molte altre conferme di discesa, soprattutto nella parte dello shelter e servizi, per poter cominciare ad affermare che l’inflazione stia effettivamente tornando al target del 2%. Inoltre, il grande rialzo del mercato azionario potrebbe non aiutare questo processo disinflazionistico, causa effetto ricchezza.
Sarà inoltre importante tenere monitorato il mercato del lavoro e la spesa dei consumatori. Come si accennava precedentemente, il mercato del lavoro rimane robusto ma comincia a dare i primi segni di allentamento, con un tasso di disoccupazione attuale 4%. I consumi da parte del popolo americano saranno importanti, dato che potranno influenzare di conseguenza i prezzi al consumo. Nel caso, infatti, l’inflazione dovesse continuare a rimanere appiccicosa, la Fed potrebbe rivedere al ribasso il numero di tagli previsti per il 2025, rischiando però di compromettere la crescita economica, la quale finora è rimasta robusta, ma sta pian piano riducendo il suo incremento (3,4% trimestrale nel Q4 2023 e 1,3% nel Q1 2024).
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