Potrà un giorno una scimmia scrivere la Divina Commedia? “No, ma un milione di scimmie in un milione di anni sì”. Così rispose padre George Coyne alla provocazione, durante un convegno, di un partecipante che evidentemente non concepiva che un sacerdote potesse essere anche uno scienziato e, in particolare, un astrofisico.



Ricordo anche un’altra occasione, in cui George, discutendo animatamente, se non mi sbaglio con un filosofo, pure lui dubbioso sul fatto che un prete potesse essere uno scienziato, per continuare liberamente e senza pregiudizi la discussione si tolse il colletto rigido che lo identificava come un sacerdote, in particolare appartenente alla Compagnia di Gesù, cioè un gesuita.



Questo era padre George Coyne S.J., spentosi alcuni giorni fa, all’età di 87 anni, all’Upstate University Hospital di Syracuse, nello Stato di New York, dove era ricoverato per problemi oncologici. Nato a Baltimora nel 1933, dopo gli anni del liceo iniziò il suo noviziato in un collegio dei gesuiti in Pennsylvania. Nel 1958 conseguì il suo bachelor’s degree in matematica e poi la sua “licenza” in filosofia. Nel 1962 ottenne il dottorato in astronomia alla Georgetown University: quattro anni dopo fu ordinato prete. Fino al 1976 lavorò presso il Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, di cui divenne in seguito direttore. Nel frattempo era stato assunto in qualità di astronomo alla Specola Vaticana.



La Specola Vaticana è un istituto di ricerca scientifica direttamente dipendente dalla Santa Sede ed è uno degli Osservatori astronomici più antichi del mondo: è stato fondato nella seconda metà del secolo XVI da Papa Gregorio XIII che l’ha affidato ai gesuiti astronomi e matematici del Collegio Romano, chiamati a preparare la riforma del calendario, promulgata poi nel 1582.

E proprio a dirigere la Specola Vaticana nel 1978 Papa Giovanni Paolo I chiamò padre Coyne, posizione che l’astrofisico gesuita ha mantenuto per quasi trent’anni, sino al 2006. Tra le innumerevoli ricerche di George, ricordo in particolare la natura delle atmosfere estese che formano un tipo di involucro attorno a certe stelle, la nascita delle stelle, la polarizzazione della luce stellare, i sistemi di stelle doppie.

Ma credo che Coyne debba essere soprattutto ricordato per la sua opera alla Specola. Consulente scientifico e grande amico di Giovanni Paolo II, ha avuto un ruolo essenziale nella commissione istituita dal Papa per rivedere il caso Galileo e che ha portato nel 1992 alla solenne dichiarazione papale di “una tragica incomprensione reciproca” e di “un doloroso malinteso”. Come pure ha dato il suo apporto al lavoro di approfondimento che ha condotto alla riconsiderazione da parte della Chiesa delle teorie evolutive e della stessa opera di Darwin. Con la sua attività ha reso l’Osservatorio vaticano uno dei più avanzati e dinamici istituti astronomici a livello internazionale, assumendo i più promettenti giovani da tutto il mondo.

Infine, mi piace ricordare che padre Coyne ha avuto una funzione fondamentale nelle trattative con una tribù di nativi americani per riuscire a costruire un telescopio, succursale della Specola Vaticana, sul monte Graham vicino a Tucson, in Arizona, considerato “sacro” dagli indigeni. Ricordo che George mi raccontava che gli indiani, non avendo nella loro lingua un termine per indicare gli astronomi, li chiamavano “uomini dai lunghi occhi”.