Il teologo di Praga Tomáš Halík uscirà presto in libreria con il suo nuovo saggio, ‘Un tempo per piantare e un tempo per sradicare. Quaresima e Pasqua di un’epoca inquieta’, anticipato sulle pagine di Avvenire, nel quale rifletto sul secolarismo della fede. Il grande male che affligge la Chiesa occidentale, nella tesi del teologo, può diventare, se abilmente sfruttato, un’occasione per ridare alla spiritualità guidata dall’istituzione ecclesiastica la funzione sociale che ha sempre avuto.



La secolarizzazione della fede, d’altronde, non è una novità secondo Halík, perché se ne sono già registrate “alcune ondate”, sia morbide, che dure. L’esempio è quello delle società postcomuniste in cui si è cercata “un’ateizzazione drastica e totale della società”, ma con il solo effetto di non riuscire mai a cerare “una società pienamente atea“. Di contro, però, “dopo la caduta del comunismo non si è verificato” l’atteso ritorno della religione, perché, secondo Halík, la Chiesa che ha compiuto l’errore di cercare di “ripristinare la situazione precedente”, chiudendosi in se stessa e finendo per lasciare libero uno spazio, quello che era della fede, “che poi è stato occupato dal fondamentalismo commerciale“.



Il teologo Halík: “Le crisi sono occasioni per far rifiorire la fede”

La secolarizzazione attuale, secondo il teologo Halík, non riguarda tanto una crisi della chiesa o della fede, quanto una generalizzata “delle certezze dell’uomo contemporaneo“. In questo contesto, dunque, è “l’incapacità di gran parte della gerarchia ecclesiastica e del clero di capire la cultura e la società contemporanee”, oltre che di “rivolgersi a questa società in modo comprensibile e credibile” ad allontanare i fedeli dalla religione organizzata.

Differentemente, però, sottolinea Halík, le situazioni di crisi, come “l’esperienza della pandemia ha mostrato”, aumenterebbero la voglia di spiritualità dei fedeli. Occasioni che devono essere colte dalla Chiesa, ma non per aprire “un dialogo colto, intellettuale con la società”, ma per assolvere al ruolo di “cura della vita spirituale di ciascun individuo e [di] accompagnamento spirituale. Nessuna ‘nuova evangelizzazione’ porterà frutti se non sarà preceduta da una ‘pre-evangelizzazione’ nella forma di una cura sistematica della cultura spirituale degli individui e della società, una conversione da una vita superficiale e conformistica”, conclude Halík nel suo ragionamento sulla secolarizzazione della fede, “a una cultura del ‘discernimento spirituale‘, alla responsabilizzazione verso sé stessi, il prossimo e l’ambiente comune”.