Caro direttore,
cambiare tutto affinché non possa cambiare (sul serio) niente! Questa sembra essere la consumata filosofia alla base della “sfida” politica lanciata da Matteo Salvini ai partner di coalizione.
Una “bomba” a ciel sereno sganciata nel bel mezzo di una trattativa in stallo da settimane (per non dire da mesi): quella sulle candidature alle prossime amministrative.



Imbellettamenti per nascondere le pesanti rughe depositate dal tempo sul progetto politico di centrodestra, che potrebbero – questo è il vero timore in via Bellerio – manifestarsi nella loro forma più eclatante con candidati contrapposti proprio nelle città simbolo Milano e Roma.

Le questioni in casa leghista sono tante e tutte intimamente allacciate: la parabola discendente intrapresa dalla leadership di Matteo Salvini, la rampante (e preoccupante) ascesa della leader di Fratelli d’Italia, la lenta ma inesorabile disintegrazione di Forza Italia, il rischio di perdere le leve di comando della coalizione e – novità – quella di far fronte ad una “rivoluzione” carsica che a fari spenti sta procedendo a spron battuto: un’aggregazione al centro in grado di risucchiare parlamentari azzurri da destra e parlamentari Dem/renziani da sinistra.



Una “sorpresa” a cui stanno lavorando in molti, che potrebbe materializzarsi e divenire determinante nel passaggio cruciale dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Di fronte a tutto ciò, come gli capita spesso, il “capitano” ha fatto saltare il banco con la proposta/provocazione di federazione del centrodestra: di un soggetto tra l’altro con due gambe in maggioranza ed una, salda, all’opposizione! Tutto improvviso ed assai poco definito (se non addirittura fumoso) da suscitare reazioni “allergiche” assai significative.

Ma se il bel tempo si vede dal mattino, il nuovo soggetto unico del centrodestra sembra essere destinato a non vedere la luce.



Non solo e non tanto per il pronto “nein” decretato da Giorgia Meloni (che, in potenza, avrebbe persino da guadagnare in una tale prospettiva) o i distinguo delle ministre azzurre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, quanto, piuttosto, dalla fragilità ed estemporaneità della proposta politica.

Il futuro si costruisce, non s’improvvisa! Il predellino da molti evocato fu generato da una leadership (quella di Silvio Berlusconi) all’apice del consenso e delle responsabilità istituzionali, con uno scarto immenso rispetto agli altri leader di coalizione (Bossi e Fini) ma, soprattutto, rappresentava un progetto innovativo, ambizioso, unico nel suo genere; un orizzonte – per così dire – ideale forte: era il tempo della “rivoluzione liberale”… L’opposto dell’attualità!

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