Federico Ciontoli, chi è e perché è stato condannato

Era presente anche Federico Ciontoli, nella sua abitazione di Ladispoli, la sera del 17 maggio 2015, quando Marco Vannini, fidanzato della sorella Martina, fu raggiunto da un colpo di pistola che si rivelò mortale. Secondo tre gradi di giudizio, a premere il grilletto fu il padre Antonio Ciontoli, condannato in via definitiva a 14 anni per omicidio volontario. Anche Federico si è ritrovato imputato, insieme alla madre ed alla sorella, in uno dei casi di cronaca più discussi degli ultimi anni. Al termine di un complesso iter giudiziario che ha visto anche un Appello bis, il 3 maggio 2021 la Cassazione ha messo la parola fine definitivamente e Federico Ciontoli è stato condannato a 9 anni e 4 mesi (così come la madre Maria Pezzillo e la sorella Martina) per concorso semplice nell’omicidio volontario di Marco Vannini.



Subito dopo la condanna definitiva, Federico Ciontoli ha rilasciato poche parole a Fanpage.it prima di recarsi in carcere con la sua famiglia: “Se l’Italia vuole questo, io non sono nessuno, purtroppo, per fare capire che oggi la giustizia non ha vinto come sembrerebbe. Ora voglio spendere questi pochi momenti che mi rimangono con Viola (la fidanzata ndr.) e non con chi ha contribuito alla mia condanna”. La sera del delitto di Marco Vannini, era presente anche Viola Giorgini, la sua fidanzata, in casa Ciontoli. La giovane, inizialmente indagata per omissione di soccorso, è stata prosciolta sin dalle prime fasi del procedimento.



Federico Ciontoli, il suo ruolo nel delitto di Marco Vannini

Con la sentenza in Cassazione la giustizia italiana ha delineato ciò che sarebbe accaduto nella casa di Ladispoli teatro del delitto di Marco Vannini. Nel caso, Federico Ciontoli ebbe il ruolo di prendere le pistole, subito dopo lo sparo, e portarle via. “Ma non per nasconderle, come è stato sostenuto”, tenne a precisare dopo la sentenza d’Appello bis in una intervista a Repubblica. Il giovane in quella occasione ha anche smentito di aver pulito le armi. E fu lui anche il primo a chiamare l’ambulanza, “pochissimo” tempo dopo affermò, “Non sapevo quello che stava accadendo veramente. In quel momento pensavo che Marco avesse un attacco di panico e cercai di descrivere quello che vedevo. Perciò dissi che era bianco e non respirava”.



Nel corso degli anni si è anche arrivati ad ipotizzare che fosse stato Federico Ciontoli a premere il grilletto. “È falso. Neanche l’accusa, che certo non è stata tenera nei miei confronti, lo ha mai sostenuto. Nelle mie narici non vi era alcuna traccia di polvere da sparo”, ha ribadito il ragazzo nell’ultima intervista prima del carcere. Dopo quanto accaduto Federico ha ammesso di provare rabbia nei confronti del padre: “Mi sono fidato di mio padre e ho sbagliato, ma in quella situazione non potevo fare diversamente”, ha sostenuto. In carcere Federico ha chiesto di poter avere i libri di filosofia ed ha iniziato a studiare. Il suo obiettivo? Prendere la seconda laurea dopo quella in Ingegneria informatica, come scrive Repubblica. “Sono pronto. Il mio intento è quello di dedicare questo periodo al volontariato. Non voglio subire il tempo del carcere”, aveva aggiunto il ragazzo.