Federico Lugato è stato trovato morto sulle Dolomiti bellunesi dopo 18 giorni dalla sua scomparsa. Un epilogo terribile per una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso l’Italia intera da giovedì 26 agosto, giorno in cui, in val Zoldana. si sono perse definitivamente le tracce dell’escursionista originario di Venezia e residente a Milano. Il corpo del 39enne era all’altezza del bivio per il Col de Michiel, proprio nelle zone in cui si erano concentrate le ricerche nel Gruppo del San Sebastiano. A confermare la notizia è stata l’agenzia ANSA e, poco dopo, è arrivata anche una storia su Instagram della moglie di Lugato, Elena Panciera, che ha ribadito la veridicità dell’informazione.



“Hanno trovato Federico – ha scritto –. Ce la faremo in qualche modo. Anche grazie a voi”. La consorte della vittima aveva attivato numerosi amici e conoscenti via social, che avevano partecipato alle ricerche e avevano addirittura attivato una raccolta fondi per sostenerle. Poi, negli ultimi giorni, dopo la decisione della Prefettura di sospendere le ricognizioni dell’area da parte degli oltre cento soccorritori impiegati, la donna aveva fatto ritorno a casa sua, a Milano. Il suo messaggio odierno è contenuto in un breve filmato dove si vede Lugato giocare con il gatto di casa.



FEDERICO LUGATO: DICIOTTO GIORNI DI ASSORDANTE SILENZIO

Ricordiamo che, diciotto giorni fa, Federico Lugato era partito da Pralongo di Forno di Zoldo (in provincia di Belluno) per effettuare un’escursione ad anello nel Gruppo del Tamer-San Sebastiano. Un percorso che non doveva celare insidie e che, perlomeno sulla carta, non presentava grosse difficoltà: una decina di chilometri di sentiero in tutto, che, peraltro, l’uomo aveva già effettuato più volte in passato. Eppure, qualcosa è andato storto, perché non è mai giunto a destinazione.

Come accennavamo poc’anzi, una settimana fa la Prefettura aveva interrotto le ricerche, mentre proprio lunedì 13 settembre, giorno del ritrovamento, era previsto un vertice per fare il punto della situazione. Il Soccorso Alpino, la Guardia di Finanza, i vigili del fuoco, la Protezione Civile, le unità cinofile e decine di volontari erano giunti in loco da tutta l’Italia settentrionale, battendo a tappeto la zona e allargando progressivamente il raggio d’azione. Addirittura, erano stati usati i droni, al fine di osservare dall’alto ogni angolo della montagna: la zona di Col de Michiel, la Croda Daerta, i sentieri, come quello dei Cengioni e quello che dal Passo Duran porta a Forcella La Porta. Infine, era stato perlustrato anche il torrente Malesia.