Don Alberto Ravagnani, prete social, risponde a Fedez, che nella sua canzone remixata “Roses” con Dargen D’Amico, invita a non mandare i bambini dai preti. Il durissimo attacco – “meglio bimbe di Conte che bimbe dai preti” – lascia poco spazio all’immaginazione. L’allusione è agli scandali di pedofilia dei sacerdoti, e a questo titolo si inserisce nella polemica anche Gianluigi Nuzzi, giornalista famoso per le sue inchieste sul Vaticano e che spesso nelle sue trasmissioni televisive tratta il tema dell’abuso sessuale da parte del clero.
Fra i tre, il giovane sacerdote che fa dell’oratorio di Busto Arsizio la sua missione, sembrerebbe essere destinato al ruolo del vaso di coccio, ma così non è. Per chi non lo sapesse don Alberto, a tutti sconosciuto prima del lockdown (e, a quanto pare, fino a ieri sconosciuto anche a Fedez), grazie ai suoi fortunatissimi video su YouTube ed Instagram è diventato il più famoso prete youtuber italiano, conteso dalle dirette Instagram di Roberto Saviano e di don Davide Banzato.
Nel merito, don Alberto ci fa davvero una bella figura, invitando Fedez – del quale si dichiara ammiratore insieme ai suoi ragazzi – ad incontrarsi con loro proprio in quell’oratorio da cui il rapper dice di stare lontani. Don Alberto non cade nel tranello della polemica sterile ma accoglie la provocazione del cantante: facciamo diventare la tua canzone, dice, un’occasione di crescita insieme. Nessuno nega gli scandali ma è davvero miope credere che centinaia di migliaia di lombardi (è quello soprattutto il mondo cui si riferisce don Ravagnani) correrebbero il rischio di buttare i propri figli in braccio a degli orchi pedofili se questa possibilità davvero ci fosse. Insomma, dice don Alberto, non buttiamo il bambino con l’acqua sporca. È vero che fa più rumore un albero che cade piuttosto di una foresta che cresce, ma ciò che fanno i preti negli oratori è infinitamente più grande e più bello della terribile realtà della pedofilia contro la quale la Chiesa, guidata da Papa Francesco, sta seriamente combattendo.
Il rapper risponde a don Alberto usando lo stesso strumento, ovvero le “stories” di Instagram, e dice: tu sei bravo, buono e hai una vera vocazione ma sei solo una pedina. Dietro di te c’è il Vaticano che ha altri intenzioni e usa voi preti come delle marionette. La butta, insomma, sul qualunquismo.
Il dubbio, insomma, che il cantante sia andato a cercare lo scontro con persone importanti (nello stesso pezzo se la prende anche con Salvini e Gasparri) per fare pubblicità ai suoi pezzi, rimane. Fedez che dice di non mandare i bambini dai preti nel momento del massimo sforzo mai fatto dalla Chiesa per liberarsi da questo scandalo, lo fa perché mosso da sentimenti di giustizia o perché, sentendo affievolire la propria vena di cantante, desidera farsi pubblicità coinvolgendo in un parapiglia sanguinoso gente amata e conosciuta dal grande pubblico?
Lui stesso, additato come modello negativo dei giovani per l’esposizione social del figlio Leone, potrebbe accettare l’invito di don Alberto e andare a promuovere la sua canzone nell’oratorio dove è stato invitato. Così, per far vedere, e lo cito, “che una prospettiva ci può essere solo guardando da due punti di vista diversi”.
Di tutto ciò rimane una cosa positiva: ed è l’utilizzo intelligente, sia di Fedez che di don Alberto, delle stories di Instagram. Utili, una volta tanto, al dialogo e non alla pubblicità di se stessi.