Le prime indiscrezioni le aveva date il Washington Post il giorno di Pasqua. Ieri è arrivata la conferma ufficiale dalla Casa Bianca: gli Stati Uniti non concederanno più alcuna esenzione al divieto di acquistare greggio dall’Iran imposto lo scorso novembre nell’ambito delle sanzioni contro Teheran. Le esenzioni avevano riguardato Italia, Grecia, Cina, India, Turchia, Corea del Sud, Taiwan e Giappone per una durata di sei mesi. Ora il presidente Donald Trump ha annunciato che allo scadere dei sei mesi, il prossimo 2 maggio, le esenzioni non saranno rinnovate.



Nella nota diffusa ieri, Trump ha annunciato “provvedimenti per portare a zero le esportazioni petrolifere iraniane e per sottrarre così al regime la sua principale fonte di entrate”.

La decisione è stata presa in collegamento con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che “stanno lavorando per garantire che i mercati petroliferi globali rimangano ben forniti. Gli Stati Uniti e i loro partner – prosegue la nota – intraprenderanno azioni immediate per garantire che le forniture siano rese disponibili per sostituire tutto il petrolio iraniano rimosso dal mercato. Le previsioni ci dicono che l’offerta globale di petrolio manterrà il ritmo della domanda nel 2019”.



Trump sottolinea che, dopo l’imposizione delle sanzioni, la valuta iraniana ha perso più dei due terzi del suo valore, gli investimenti esteri diretti e le attività commerciali in Iran sono diminuite e oltre 100 aziende hanno deciso di non operare in Iran.

Quanto all’Italia, nonostante le esenzioni, le importazioni di greggio dall’Iran si sono azzerate fin da novembre. Sulla base dei dati UP, nel 2018 l’Italia ha importato poco più di 6 milioni di tonnellate di greggio dall’Iran, pari al 9,7% del totale delle importazioni. Dopo l’annuncio, il Brent ha superato i 74 dollari al barile con una punta, ieri mattina, a 74,66. E’ bastato l’annuncio del presidente Trump di non rinnovare le esenzioni al divieto di acquisto del greggio dall’Iran per far schizzare i mercati con le quotazioni del Brent, ai massimi da 5 mesi.



Per giustificare il giro di vite nella politica delle sanzioni economiche contro l’Iran, Trump è determinato ad aumentare al massimo la pressione economica per mettere fine alle attività destabilizzanti della Repubblica islamica. Nel contempo, per calmierare gli effetti al rialzo della strozzatura delle forniture di greggio sui mercati mondiali, la Casa Bianca ha precisato di aver concluso degli accordi con Emirati Arabi e Arabia Saudita, oltre a impegnarsi a rivedere la propria produzione di shale oil (petrolio estratto da scisti e altre fonti non convenzionali).

Secondo gli analisti, però, sarebbero solo dei palliativi, e il rischio del caro petrolio fino a 80-85 dollari non è affatto scongiurato, anzi. Bisogna tenere a mente che oltre a chiudere i rubinetti all’Iran, stanno venendo a mancare l’offerta della Libia, del Venezuela e in parte anche della Nigeria. Senza contare che l’apporto dei giacimenti di shale oil statunitense ha una redditività bassa, artificialmente sostenuta da una finanza disposta a perderci soldi.

Non bisogna neppure far troppo affidamento sull’apporto della produzione saudita per sostituire l’export iraniano rimosso dal mercato, spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Un anno fa, quando Trump decise la nuova stretta sulle sanzioni economiche dell’Iran, l’Arabia Saudita è intervenuta su richiesta del partner statunitense. Finì che le sanzioni si sono rivelate un’arma spuntata e il prezzo del barile, a causa dell’eccesso di offerta saudita, è scivolato. E’ altamente improbabile che Riad sia pronta a ripetere l’errore questa volta.

L’Iran pompa 2,8 milioni di barili al giorno su una domanda globale di 99,2 milioni di barili al giorno. Domanda che continua ad aumentare, nonostante tutta la campagna sulla transizione energetica.

E l’Italia? Quale sarà l’effetto per il nostro Paese? Dal punto di vista dei flussi d’importazione nessuno, visto che, a partire dallo scorso novembre, nonostante le esenzioni, le importazioni di greggio dall’Iran si sono azzerate. Misura precauzionale, che ci protegge ora dai contraccolpi immediati sui rifornimenti. Tuttavia, per un Paese completamente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di petrolio, è prevedibile che la bolletta energetica risentirà delle tensioni sui prezzi dei mercati internazionali.