La notizia della morte di Felice Gimondi è arrivata ieri sera come un fulmine a ciel sereno. Chi ama il ciclismo avrà provato una fitta al cuore che ha tradito il bergamasco, perché Gimondi è la storia, uno dei più grandi di sempre. Uno sguardo al palmares di Felice Gimondi potrebbe bastare per dare un’idea di chi sia stato: tre Giri d’Italia, un Tour de France, una Vuelta, un Mondiale, due Giri di Lombardia, una Milano Sanremo, una Parigi Roubaix e tanto altro. Per capirci, Gimondi è uno dei soli tre ciclisti della storia ad avere vinto tutti e tre i grandi Giri, il Mondiale e almeno una classica monumento: come lui, solo Eddy Merckx e Bernard Hinault. Oltre i numeri però c’è di più, e la colpa – o il merito – è di “quello là” (come scherzosamente lo chiamava Gimondi), naturalmente il Cannibale Merckx. La storia di Felice Gimondi infatti è per qualche anno quella del predestinato: la classe innata, unita alla tenacia e alla laboriosità altrettanto innate per chi arriva dalla bergamasca Val Brembana, portano il giovane Gimondi a grandi successi da dilettanti, su tutti il Tour de l’Avenir 1964, grazie ai quali Felice arriva con legittime aspettative fra i professionisti.
FELICE GIMONDI: IL LEGGENDARIO 1965
Il 1965 è l’anno del passaggio fra i grandi con la maglia della Salvarani e sarà una stagione che farà la storia. Il giovane Felice arriva terzo al suo primo Giro d’Italia, per di più corso in appoggio al suo capitano Vittorio Adorni, che vinse la Corsa Rosa. Gimondi chiude in crescendo, ecco dunque la felice intuizione del patron Luciano Pezzi – il nome che legherà Gimondi a Marco Pantani, che Felice celebrerà suo erede in giallo a Parigi nel 1998 – di portarlo anche al Tour de France: Gimondi vince a Rouen la terza tappa e indossa la maglia gialla che avrebbe poi portato (con due soli giorni di pausa) fino a Parigi, aggiungendo altri due successi di tappa e rifilando 2’40” all’idolo di casa Raymond Poulidor. Terzo al Giro e primo al Tour a 22 anni, al primo anno da professionista: un’impresa senza paragoni, la premessa per Gimondi di una carriera che poteva riportare l’Italia della bicicletta ai fasti a quel tempo ancora piuttosto recenti di Fausto Coppi e Gino Bartali.
FELICE GIMONDI ED EDDY MERCKX
Nel 1966 arrivano la vittoria alla Parigi Roubaix con oltre quattro minuti di vantaggio sul secondo e il primo Giro di Lombardia, a conferma del fatto che Felice Gimondi era un fenomeno sia per i grandi Giri sia per le classiche monumento. Nel 1967 arriva anche la vittoria al Giro d’Italia e all’inizio del 1968 ecco il successo alla Vuelta (che si correva ancora in primavera), per completare la ‘collezione’ delle più ambite corse a tappe. Rischierebbe di diventare un elenco di vittorie, se non fosse che sempre più spesso (prima nelle classiche, poi anche nei Giri) iniziava a fare capolino “quello là”. Per Gimondi non deve essere stato facile accettare di non essere più il più forte, egli stesso ammise di averci messo un paio d’anni a metabolizzare il concetto. Ma anche questo fa il campione, in ogni ambito: cosa c’è di più difficile per il primo della classe o per il più forte della squadra dell’oratorio che accettare che il nuovo compagno di classe o di squadra sia più bravo di te? Iniziò così un duello memorabile, che ha segnato la storia rendendo immortali entrambi. Sì, anche Merckx: essere diventato il Cannibale “nonostante” Felice Gimondi ha reso ancora più grande anche il belga, come Coppi e Bartali o Federer e Nadal, per fare un paragone attuale. I due lo hanno capito benissimo, tanto da diventare amici a fine carriera, cementando un legame che ha coinvolto anche le famiglie. Valore sacro per Gimondi, al cui fianco per tutta la vita è rimasta la moglie Tiziana, tanto che Felice dirà che l’unico rimpianto della sua vita è quello di avere perso tanti momenti dell’infanzia delle figlie Norma e Federica, cresciute però con l’esempio di un padre straordinario non solo in bicicletta.
FELICE GIMONDI CAMPIONE DEL MONDO E L’ULTIMO GIRO
Torniamo però al grande duello: Merckx è un gradino sopra, Gimondi deve accettare l’idea di essere il numero due, che però saprà rendere sempre difficile la vita a Eddy. Due Mondiali raccontano bene la loro storia: nel 1971 a Mendrisio Eddy e Felice arrivano insieme, in volata nulla da fare per l’italiano e la vittoria va a Merckx; la rivincita arriva a Barcellona 1973, in cui un Gimondi perfetto trionfa in una volata a quattro in cui il Cannibale fu clamorosamente solo quarto. Dopo qualche anno più povero di successi, è l’inizio di un grande finale di carriera, con il secondo Giro di Lombardia, il trionfo in solitaria in maglia iridata alla Milano Sanremo 1974 e infine la vittoria forse più bella di tutte alla pari del Tour 1965, perché altrettanto imprevista. Al Giro d’Italia 1976 ci sono sia Gimondi sia Merckx, ma entrambi vengono ritenuti ormai in parabola discendente e i favoriti sono altri. Pronostico azzeccato per il belga, Gimondi invece stupì tutti, vinse la tappa con arrivo nella sua Bergamo e il giorno successivo nella cronometro di Arcore tolse la maglia rosa a Johan De Muynck, vincendo il suo terzo Giro d’Italia e battendo Merckx come longevità di successi, a undici anni dal memorabile 1965. Il trionfo di chi non si era mai arreso, di chi ha saputo essere un meraviglioso “secondo” che ha reso più grande anche il Cannibale, in una simbiosi immortalata anche dalla musica, come ci hanno raccontato ad esempio Enrico Ruggeri ed Elio e le Storie Tese. Chiudiamo con una suggestione: quest’anno ha vinto il Tour de France proprio a 22 anni Egan Bernal, ma già si parla tanto di un belga di tre anni più giovane (la stessa differenza d’età tra Gimondi e Merckx) con le stigmate del predestinato, Remco Evenepoel. La storia è destinata a ripetersi? Probabilmente sappiamo per chi farà il tifo Felice Gimondi da lassù…