Le femministe lesbiche si schierano contro l’ideologia gender e la maternità surrogata: “Alle donne si è sempre imposto di assentire alla sottomissione e di farsi da parte per il bene di altri” e oggi “ci viene anche chiesto di accogliere chiunque semplicemente si dichiari donna negli spazi che ci siamo conquistati negli ultimi decenni”.



Inizia così il post con cui l’Arcilesbica ha presentato il webinar sulla Dichiarazione dei Diritti delle Donne Basati sul Sesso (clicca qui per il documento), a cui ha partecipato la coautrice e attivista lesbica Sheila Jeffreys. Ne parla oggi Il Giornale, che presenta questo documento composto di nove articoli nel quale si chiede la riaffermazione dei diritti delle donne basati sul sesso di nascita e non sull’identità di genere, la quale mira ad annullare le distinzioni naturali fra uomo e donna.



Le femministe lesbiche si rifanno alla Convenzione sull’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW), approvata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, alla Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne (UNDEVW) del 1993 e al Glossario della Parità di Genere dell’ONU che definisce il sesso dalle “caratteristiche fisiche e biologiche che distinguono i maschi dalle femmine”.

FEMMINISTE LESBICHE: “NO A IDEOLOGIA GENDER”

La Dichiarazione dunque contesta il fatto che negli ultimi anni “i riferimenti alla categoria del sesso, che è biologico, nei documenti, nelle strategie e nelle azioni delle Nazioni Unite, sono stati sostituiti dal linguaggio del ‘genere’, che si riferisce ai ruoli sessuali stereotipati” portando a “una confusione che, in ultima analisi, rischia di indebolire la protezione dei diritti umani delle donne”.



Tale confusione tra sesso e genere ha reso accettabile l’idea che le identitità di genere fossero innate e ha permesso che tali identità avessero pieno diritto ad esser difese. Ciò ha portato “in ultima analisi all’erosione delle conquiste ottenute dalle donne nel corso di decenni” ed è per questo che l’Arcilesbica ha voluto promuovere e sostenere la diffusione della Declaration on Women’s Sex Based Rights, con cui di fatto si rompe il “fronte” LGBT.

Le femministe lesbiche chiedono infatti agli Stati di “preservare la centralità della categoria del sesso, e non quella di identità di genere in relazione al diritto di donne e bambine a non essere soggette a discriminazione” e si ribadisce che “il significato della parola ‘donna’ non può essere modificato per includere gli uomini” e si invita a mantenere intatta tale distinzione anche nei documenti ufficiali. Nel secondo articolo si riafferma la “natura della maternità come una condizione esclusivamente femminile”, punto anche questo clamorosamente messo in discussione in base proprio all’ideologia gender.

FEMMINISTE LESBICHE: “NO A MATERNITA’ SURROGATA”

Il terzo articolo pone l’accento sui “diritti di donne, ragazze e bambine all’integrità fisica e riproduttiva”. In ragione di ciò si condanna la maternità surrogata e le gravidanze forzate, a scopo commerciale o anche gratuito, con cui si sostengono i desideri di coppie gay o trans di avere figli. “Gli Stati dovrebbero riconoscere che la ricerca medica finalizzata a consentire agli uomini la gestazione e il parto costituisca una violazione dell’integrità fisica e riproduttiva di ragazze e donne, e vada abolita in quanto forma di discriminazione basata sul sesso”, si legge esplicitamente nel testo.

Si riaffermano poi i diritti delle donne alla libertà d’espressione e a riunirsi pacificamente “senza l’inclusione di uomini che dichiarano di avere un’identità di genere femminile”. Anche la partecipazione politica viene difesa “sulla base del sesso”, escludendo dunque i transessuali dalle quote rosa.

Un altro punto fondamentale è la necessità di eliminare la violenza contro le donne. Cristina Gramolini, presidente di Arcilesbica, ha dichiarato all’Huffington Post che considerando i trans nelle ricerche istituzionali su violenza domestica, livelli retributivi, carriere o accesso alle professioni delle donne, “si ottengono dati fuorvianti”. Infine, si chiede di tutelare bambini e bambine abolendo interventi medici “che cambino la loro sessualità così da ‘riassegnare’ loro il genere”.