La comunicazione d’impresa si evolve e gioca un ruolo chiave nelle strategie aziendali. Ne abbiamo parlato con Renato Vichi, che segue le attività istituzionali e la comunicazione esterna delle banche estere del Gruppo Intesa Sanpaolo, come Direttore e Group Head of Institutional Affairs and External Communication nell’ambito dell’Area di Governo della Comunicazione e i Rapporti Istituzionali guidata da Stefano Lucchini.



Giornalista, manager, esperto di crisis management e di digital media Vichi ha oltre 37 anni di esperienza consolidata in organizzazioni e contesti internazionali complessi con ruoli manageriali in vari Paesi (New York, San Paolo, Madrid). È passato da aziende leader nella consulenza internazionale a imprese industriali e istituzioni altamente rappresentative nel loro campo come Ansa, ANSA-Bloomberg TV, la NATO, UniCredit e UBI.



Ora Vichi è candidato alla presidenza della Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, la cui elezione è prevista sabato 2 luglio, con votazione in presenza a Roma durante l’assemblea e online.

«La mia carriera è sempre in evoluzione e come manager mi focalizzo sul posizionamento e il rilancio di brand aziendali in ambiti industriali complessi e spesso critici. Ho organizzato e riorganizzato più di trenta team nella mia carriera manageriale, ne traccio gli obiettivi e definisco le strategie di sviluppo e di crescita. Ho fatto parte di numerosi Executive Committees per le strategie aziendali. Ho seguito acquisizioni rilevanti in Italia e all’estero e ne ho curato la comunicazione istituzionale e di business. Le mie attività mirano alla creazione di valore in tema di strategie di comunicazione aziendale, di rilancio dei brand, di realizzazione di progetti di reputation sia a livello istituzionale che commerciale. Ho gestito molti team multidisciplinari e punto molto sul people engagement. Ho fatto parte di numerosi comitati manageriali di “business continuity” in occasione di situazioni di crisis management».



Che esperienza ha nelle associazioni?

Sono stato membro attivo del direttivo dell’Associazione Europea Direttori Comunicazione. Nel 2001, come executive consultant director di Broadgate Consultants, l’ANATEL, Autorità telefonica brasiliana mi ha consegnato il premio per la migliore campagna comunicativa di telecomunicazioni per conto di TIM Italia.

Come sta cambiando il mondo della comunicazione?

È un cambiamento continuo. Uomini e donne che guidano la comunicazione sono manager a tutti gli effetti. Devono avere una visione ampia, informarsi, essere a conoscenza dei vari scenari in cui operano aziende e organizzazioni e avere una cura maniacale per gli stakeholders. Quest’ultima platea non è mai la stessa: si muove, cambia orientamenti, prende posizioni mai prese, si identifica in valori diversi da quelli che si potevano immaginare nel passato. Per comunicare oggi devi essere un bravo analista di fenomeni, comprendere meglio il posizionamento del tuo interlocutore e costruire percorsi di reputazione duraturi con strategie concrete ed efficaci!

Che ruolo gioca la Ferpi in questo contesto? 

La risposta più realistica sarebbe che ruolo potrebbe giocare oggi la Ferpi, che riunisce i professionisti della comunicazione, in aziende, organizzazioni, agenzie e free lance. Il contesto non è più quello di dieci o venti anni fa. Oggi la rappresentanza soffre per mancanza di partecipazione e una caduta verticale di identificazione causata da una brusca diminuzione di soci. Per farlo però bisogna identificarsi in qualcosa che ci rappresenta veramente. La Ferpi potrebbe essere una formidabile forza aggregatrice di valori, contenuti e categorie professionali per poter rappresentare il ruolo del comunicatore e il suo valore nella società politica, sociale ed economica. Ed essere per l’appunto un corpo unico al servizio del Paese.

Perché ha deciso di candidarsi alla presidenza della Ferpi?

Sono sempre stato vicino alla Ferpi in varie forme. E molto sensibile ai temi della comunicazione. Penso sia venuto il momento di rifondare questa associazione partendo dalla sua mission, riportando il lavoro del comunicatore al centro “con programmi specifici di relazione e di comunicazione con i pubblici influenti”, come cita l’articolo 1 dello Statuto. Amo questa professione e ho numerosi colleghi e amici che vorrebbero ritornare a far parte di questa storica associazione per ridare forza e contribuire con nuove idee, nonostante questa rappresentanza negli ultimi tempi si sia sempre più assottigliata.

Quali sono i punti centrali del suo programma?

Sono fondamentalmente tre. Il primo punta a recuperare quella posizione di autorevolezza che ha consentito a Ferpi, negli anni passati, di imporsi come unica e impegnata comunità di professionisti della comunicazione. Il secondo tocca il tema della qualità e delle competenze che fanno di una rappresentanza autorevole e qualificata il vero punto di forza per sedere ai tavoli istituzionali che contano, incidendo sulle decisioni con proposte concrete e sostenibili per tutto il mercato della comunicazione e aprendoci alle alleanze con il mondo della comunicazione troppo frastagliato e diversificato. Il terzo riguarda la nostra centralità rispetto al panorama istituzionale, nonché la nostra governance che al momento è deficitaria sul piano della direzione da intraprendere.

A quali mondi vicini dovrebbe guardare la Ferpi?

Il nostro mondo sta cambiando e il comunicatore opera sempre di più su aree di intervento complesse e multifunzionali. Le competenze si sono arricchite e le diverse crisi economiche, che si sono succedute, hanno costretto questa categoria professionale a rifarsi il look, interpretare l’avvento dei nuovi mezzi social e digitali, valutarne l’efficacia e rivedere l’approccio per riguadagnare terreno e consenso. Ferpi dovrebbe guardare di più al mondo del Terzo settore, della Pubblica amministrazione, della lobby e della comunicazione interna. È un percorso inevitabile e utile per lo sviluppo della professione.

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