CONCITA DE GREGORIO DIFENDE LA MOGLIE DI SOUMAHORO: “LEI NON PUÒ E CHIARA FERRAGNI SÌ?”
Concita De Gregorio nell’incipit del suo articolo di ferrea difesa di Liliane Murekatete – la moglie-compagna di Aboubakar Soumahoro – fa un appello che prendiamo tremendamente sul serio: la giornalista di “La Repubblica” scrive infatti, «sarebbe interessante discuterne anziché insultare. Non perdo le speranze». Se tralasciamo per il momento che in diversi passaggi delle sue due paginate su “Rep” non sono pochi i tentativi di “ironizzare” in maniera sarcastica su alcuni personaggi del mondo dello showbiz o del giornalismo, Concita De Gregorio merita quel rispetto che lei per prima chiede a coloro che definisce come potenziali “strillatori” contro la sua difesa di “Lady” Soumahoro. E dunque prendiamo tutta sul serio l’impostazione che regge l’articolo di difesa per quelle foto hot realizzate anni fa ma emerge oggi nel pieno della bufera sulle coop di famiglia Soumahoro (nello specifico della madre di Liliane e di cui lei stessa era dipendente fino a poco fa).
«La prima domanda a cui non trovo risposta è in cosa divergano, a parte gli esiti, le aspirazioni di Liliane Murekatete (compagna del sindacalista Aboubakar Soumahoro, lui al centro di una bufera politica e reputazionale, lei esibita e irrisa in tv come colpevole di aver posato dieci anni fa seminuda e di amare, oggi, gli abiti di marca) e quelle di Chiara Ferragni, la più popolare influencer italiana al mondo, una trentina di milioni di follower su Instagram, imprenditrice di se stessa, prossima co-conduttrice del Festival di Sanremo e riferimento per milioni di giovani donne»: lo scrive Concita De Gregorio e ripete poi il medesimo “criterio” per altri paragoni illustri, da Diletta Leotta a Giovanna Botteri, da Dacia Maraini a Elisabetta Canalis, fino a Elisabetta Gregoraci e la scrittice iraniana Azar Nafisi. Il concetto dunque è molto semplice: attaccare e criticare Liliane Murekatete per quelle foto hot realizzate non ha alcun senso, visto che nessuno (o quasi) si lamenta o indigna per le medesime foto di altre illustri protagoniste della società/showbiz nostrana.
PERCHÈ NON REGGE LA DIFESA DI CONCITA A LADY SOUMAHORO
Parrà forse esercizio di mera retorica aggiungere che questo criterio sottolineato da Concita De Gregorio ha un unico vero punto di fuga, da lei stesso indicato quasi con nonchalance: «Cosa disturba del fatto che ami gli abiti firmati come la suprema imprenditrice del Paese. Perché è nera? Impossibile: escludiamo il razzismo». Invece il punto è proprio questo e Concita lo sa bene: insiste nel suo articolo a voler mettere in paragone la moglie di Soumahoro con altre donne molto famose per aver “sfruttato” legittimamente la propria immagine e il proprio corpo, come a dire “eh vedete cari italiani miseri che siete, ve la prendere con Liliane perché è nera e perché moglie del deputato di Sinistra”. Benissimo, fin qui tutto chiaro ed evidente, solo che – proprio perché diamo rispetto, meritiamo anche il rispetto della nostra “versione” – noi gentilmente dissentiamo dalla ricostruzione. O meglio, è giustissimo quando Concita ricorda che le responsabilità penali sono individuali e come tale occorrerà capire e quale eventuale reato avranno commesso realmente i membri della famiglia Soumahoro: ecco, meno ragione invece la scorgiamo quando la giornalista-conduttrice sembra di non capire il vero motivo per cui Liliane Murekatete viene attaccata e criticata in questi giorni.
Chiara Ferragni, Elisabetta Canalis e tutte le altre citate nell’articolo non sono divenute famose e importanti perché il marito lanciava dai salotti della sinistra che conta – Fazio, Propaganda Live, L’Espresso etc… – proclami sulla nuova sinistra che riparta davvero dagli ultimi; non sono divenute famose perché la cooperativa della propria madre proponeva di aiutare i migranti e le vittime di caporalato, salvo poi essere accusate (e non condannate, badiamo bene!) di malagestione e condizioni disumane degli ospiti. Insomma, è un problema di “stridore” e non di razzismo: stride infatti che con quelle presunte condizioni dei lavoratori nelle coop di famiglia (di cui Liliane Soumahoro era nel cda fino a pochi mesi fa) vi siano quelle immagini e quello stile di vita tenuto “nascosto” dalla sinistra in brodo di giuggiole per il compagno e sindacalista Aboubakar Soumahoro. «Donne-appendice: questa sì una grande battaglia degna del femminismo di ogni epoca. Il fatto è che le battaglie vinte, quelle al servizio di chi è molto popolare, sono facili da combattere: sono vinte anche se le perdi, riverberi nell’eco mediatica e nella luce di chi ne ha già molta di suo. Più difficile è mettersi dalla parte del buio. Combattere le battaglie perse», scrive ancora Concita De Gregorio volendosi mettere dalla parte della “causa persa” Lady Soumahoro. Qui però il “giochino” dell’anticonformismo ci sembra un filino spericolato: giusto non massacrare mediatamente qualcuno, neanche il più “colpevole” apparente; ma altrettanto giusto, secondo noi, usare l’intelletto e provare a capire dove stia la vera ideologia. Se nel contestare una palese incoerenza; o se nel presentare per anni una situazione come limpida e benevola quando con qualche piccolo controllo preventivo si sarebbe potuto scoprire che così “limpida” – forse – non lo era.