Tengo sulla mia scrivania, credo di condividere questa usanza con molti amici, gadget e oggetti che ricordano momenti di vita. Fotografie, vecchie penne, targhe commemorative. Fra questi tengo da molti anni in evidenza un orologio. È la riproduzione di un orologio a cipolla del 1892, quegli orologi che gli operai dell’epoca portavano nel taschino del gilè, legato a una catenella, nei giorni di festa. La cassa è molto decorata con corna di alloro e al centro vi sono rappresentate tre persone che guardano l’orizzonte dove sta sorgendo il sole. È la tipica immagine della speranza nel futuro degli oppressi. Intorno vi è una scritta 8 ore di lavoro, 8 ore in famiglia , 8 ore di riposo. È un orologio che venne fatto dai nascenti gruppi operai milanesi che poi avrebbero dato vita al Partito socialista italiano per celebrare il primo maggio come festa dei lavoratori.
La data della giornata mondiale dedicata ai diritti del lavoro si è affermata in quegli anni perché fu in un primo maggio a Chicago che vi furono scontri durante una manifestazione per le 8 ore di lavoro e la polizia uccise molti manifestanti. In Italia divenne la giornata di sciopero per la riduzione dell’orario dalla fine dell’800 e dopo la liberazione festa dei lavoratori. Il primo accordo sindacale per le 8 ore fu firmato nel 1919 per il settore metalmeccanico e prevedeva 48 ore settimanali.
Il tema dell’orario di lavoro è anche ora all’ordine del giorno. Il dibattito sulla riduzione dei giorni lavorativi settimanali con una rimodulazione degli orari giornalieri e una riduzione complessiva è oggetto di sperimentazioni e accordi aziendali un po’ in tutti i Paesi europei.
Riprendendo però la scritta che circonda la cassa del mio orologio dobbiamo prendere in considerazione che la richiesta delle 8 ore non era solo per lavorare meno. Il tema era quello, diremmo oggi con richiami a temi di discussione aperti, della conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro, era insieme una richiesta di umanizzazione del lavoro e di una società più giusta.
La domanda di un’organizzazione del lavoro capace di rispondere al meglio alle esigenze di vita delle persone è ancora un tema che può riempire di contenuti la giornata del primo maggio.
Arriviamo all’appuntamento del 2024 con alle spalle un periodo di grande sommovimento sul mercato del lavoro italiano. Il periodo successivo alla fase di lockdown dei due anni segnati dalla pandemia ha portato a emergere nuovi comportamenti da parte di quote significative di lavoratori. Da un lato abbiamo visto grandi spostamenti. Certo, abbiamo enfatizzato la crescita del numero di dimissioni volontarie. Ma il saldo è di una crescita degli occupati. Si è trattato quindi di movimenti da un posto di lavoro a un altro. Il freno imposto dalla pandemia ha fatto poi accelerare decisioni che erano rimaste in sospeso.
A questo aumento della mobilità sul mercato del lavoro va sommata una mobilità dovuta all’emergere con sempre più forza di due elementi di mismatching che caratterizzano il nostro mercato del lavoro. Da un lato comincia a pesare l’effetto demografico. Le classi di età che entrano nel mercato del lavoro sono molto meno numerose di quelle in uscita. Questo effetto si somma con il perdurare di una formazione di competenze fra i giovani che arrivano al lavoro che corrisponde solo in parte con quelle che sono le esigenze del sistema produttivo italiano. L’effetto finale è che vi è una quota importante di lavoratori che possono fare valere il valore delle loro competenze nei confronti delle imprese potendo così cercare chi offre le condizioni migliori.
La ricerca delle condizioni migliori è la grande caratteristica dei comportamenti che stanno emergendo nel rapporto fra chi arriva al mercato del lavoro e le risposte che trova da parte delle imprese.
È già tramontata la previsione di un generalizzato ricorso allo smart working. Ma la richiesta di maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e di possibilità di ricorso al lavoro a distanza resta una delle domande che i nuovi lavoratori pongono per valutare le imprese dove trovare impiego.
Insieme alla flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro emerge la richiesta di poter pianificare assieme all’impresa i percorsi di crescita professionale. Le due richieste viste assieme indicano una modalità di rapporto con un profondo mutamento richiesto ad aziende abituate a gestire il personale e il lavoro con sistemi di comando dall’alto. La domanda che emerge dai comportamenti dei nuovi lavoratori è per una compartecipazione agli obiettivi del lavoro e in cambio una disponibilità a condividere gli obiettivi di produttività. In questo scambio partecipativo sta anche il modo di trattare gli incrementi salariali.
È una nuova fase di partecipazione dei lavoratori alla vita e allo sviluppo delle imprese che è sfidante sia per le logiche di organizzazione di impresa, sia per la definizione delle piattaforme sindacali.
Per il primo maggio di quest’anno si pone allora all’ordine del giorno quali passi avanti deve fare l’insieme della società perché la riorganizzazione del lavoro possa essere anche un modo per vivere meglio. È centrale accelerare sugli interventi per la parità uomo-donna sul lavoro. Nel nostro Paese le differenze sono ancora profonde. Part-time involontario, minori occasioni di lavoro, salari più bassi e occupazioni che sottoutilizzano competenze e professionalità sono le caratteristiche del lavoro offerto alle donne. A questo si aggiunge il ritardo nella rete di servizi a sostegno delle famiglie e dei bambini che pesano ancora nel frenare la crescita del tasso di occupazione femminile.
Ecco allora i temi centrali che emergono dalla nuova realtà del lavoro. Più impegno per tutte le misure che occorrono per dare parità al lavoro delle donne e leggi di sostegno per i servizi a sostegno delle famiglie. Sperimentare la nuova fase di riduzione dell’orario di lavoro riorganizzando l’orario giornaliero e settimanale. Una nuova fase delle relazioni sindacali che apra a forme di partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese per avere una fase di crescita del lavoro e diminuzione delle diseguaglianze.
Aspetto così un nuovo orologio capace come il mio di indicare gli obiettivi per un lavoro più giusto per il prossimo secolo.
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