Festa della mamma. Come sono fatti di realtà questa madre e questo bambino che Picasso ha scolpiti sopra una tela. E come ci richiamano alla dura realtà di questo tempo dove le circostanze ci impongono invece la “distanza sociale” e i gesti d’amore possono manifestarsi solo virtualmente davanti al filtro di un video o all’impaccio goffo di una mascherina. Anche adesso che il lockdown si è allentato e le strade cominciano a ripopolarsi, grava ancora su ciascuno la minaccia incombente di un possibile contagio, di una eventuale recrudescenza epidemica, di non essere insomma definitivamente scampati all’aggressione del virus.
Ancora di più ci colpisce allora il gioco innocente dei due personaggi, come sospesi alla petrosa densità della materia – e perché no, dell’istante – che ne costituisce la vigorosa imponenza.
Granitica, la figura della donna, stringe con disinvolta naturalezza e tuttavia con accento drammatico la fragile creatura: vorrebbe forse afferrare – come nell’impeto di un assetato possesso – il frutto delle proprie viscere. Si spalanca invece la mano nella ruvida tenerezza di un abbraccio giocoso; ed ecco che già il figlioletto, imita inconsapevole la madre ripetendone i gesti d’amore.
Nella protesa docilità che s’abbandona, rinasce il piccolino proprio dallo sguardo lieto e un po’ severo della mamma il cui capo, appena reclinato all’indietro, trova nel volto il culmine espressivo del suo svelarsi.
Anche noi adulti, che sempre abbiamo sete di quest’amorevole vicinanza, di questa intenerita attenzione, di questo, sia pur metaforico, “stare” sulle ginocchia della mamma per respirarne il calore e goderne le carezze, ci commuoviamo davanti al dipinto di Picasso che esalta la maternità e ce ne fa assaporare a pieno l’insostituibile potenza, insieme all’energia espressiva che ogni vera madre custodisce ed offre a tutte le età, senza sottrarsi mai al sacrificio e di frequente, ben lo sappiamo, anche al dolore.