Quella del peccato originale – “Non dirmi che ci credi ancora alla favola del peccato originale?” rinfacciano – è faccenda così semplice da apparire alquanto strana.
Sarà capitato, a qualcuno, di scoprire d’essere stato nominato erede di una fortuna. Non fosse capitato, a tutti è nota la situazione: siccome l’eredità è tutto ciò che rimane di una persona che non c’è più, chi l’accetterà deve essere conscio che gli spettano tutti i crediti, ma anche tutti i debiti.
Anche la miseria è un’eredità. Per questo ci sono madri e padri che stanno attenti a lasciare in dote la più bella eredità: permettere ai loro figli di percorrere il loro cammino in sella alle loro gambe. Capita che, venuti a conoscenza dei debiti rimasti, qualcuno decida di rifiutare un’eredità. E’ storia ordinaria, giuridica, chiara. D’accordo.
Perché, allora, la storia del peccato originale dovrebbe apparirci strana? Il fatto accaduto è semplice: morti i nostri antenati, Adamo ed Eva (“Non dire che ci credi ancora alla favola di Adamo ed Eva!”), ci è stato lasciato in eredità il più bell’annuncio mai udito: siamo creature di Dio, pezzi d’artigianato usciti con il marchio di serie «A sua immagine e somiglianza» (cfr Gen 1,26). Venuti al mondo così belli che il dilettante di Satana tentò di macchiare quella bellezza artigianale. Lo fece nella maniera più vigliacca, ch’è quella di calunniare Dio: “Dio è invidioso della vostra felicità: per questo vi ha detto di non toccare l’albero!”. Invidioso, invece, è lui: siccome non ha più capelli, trova ridicoli i capelli lunghi!
E’ la storia di tutti gli invidiosi: deve fare davvero schifo la loro vita se perdono tempo a macchiare la vita altrui. Fu così che papà Adamo e mamma Eva si macchiarono d’una colpa così schifosa che rimarrà traccia nei secoli: aver dubitato dell’onestà di Dio.
Noi, venuti migliaia di stagioni dopo, professiamo però fede a questi padri. Diciamo a tutti che sono i nostri progenitori, ci rende orgogliosi intravederci già nascosti in quella mano di Adamo che Michelangelo dipinge vicinissima, quasi a toccarsi, a quella di Dio. È un’eredità che firmiamo volentieri: siamo figli-di, apparteniamo a Dio, siamo opera delle sue mani.
Dell’eredità, però, fa parte anche il debito che nessuno vorrebbe: siccome siamo sangue di quel sangue, allora anche in noi ci sarà il rischio di dubitare, un giorno, della fedeltà di Dio. Questo “rischio” è quel maledetto peccato originale che ci ostiniamo a tacere. Non è colpa nostra quel peccato: non è colpa di nessun bambino nascere da quel padre, essere figlio di quella donna. Per questo la Chiesa, nel battesimo, ce lo toglie immediatamente: “L’hai ereditato, te lo cancello io subito. Fanne buon uso di questo condono!”.
La (Ma)donna, nei secoli fu l’unico caso di creatura che venne «concepita senza peccato originale», come le intoniamo nella recita delle litanie. “Non siate invidiosi di Satana – sembra dire Cristo presentando al mondo Maria -. Lasciate che faccia, voi fate di meglio”. Però il Cielo mantenne una copia del suo sogno: volle che tutto il mondo sapesse com’era l’uomo e la donna prima che Lucifero spargesse popò sul suo conto.
Questo esemplare è Maria, la calligrafia originale di Dio: fu un privilegio ad-personam. Privilegio che Lei, da grande donna qual è, metterà a disposizione del mondo, accettando di diventare il punto d’appoggio a Dio quando vorrà rimettere mano alla storia. «Immacolata concezione» è titolo onorifico che più alto non c’è: pur creatura – figlia di Anna e Gioacchino – non è stata toccata dal tarlo del sospetto. Il 25 marzo 1858 a Bernardette Maria disse: «Io sono l’Immacolata Concezione». L’Illuminismo pubblicizzava l’immacolata concezione dell’uomo: nasce buono, lo rovinano le strutture: “Organizziamo un paradiso-in-terra”. La Chiesa decretò immacolata solo Maria: la rivoluzione sarà ritornare a (ri)voltare il cuore a Dio, dopo che Satana ci fa nascere col torcicollo.
Nell’eredità dei nostri padri è compreso il credito della salvezza e il debito del torcicollo. Maria è avvocata nostra, patrocinio gratuito: perché per paura del debito non rifiutiamo anche il credito d’essere “venuti da Dio”. In tutti i sensi.