Al momento, la “variante Inter” non solo non c’è stata ma potrebbe anche non presentarsi mai più: a due settimane dalla vittoria matematica dello Scudetto festeggiato con un’ondata di tifosi giunti in Piazza Duomo a Milano (20-30mila persone nel giro di poche ore) non sembrano esserci significativi e rilevanti aumenti di contagio da Covid-19 nella metropoli milanese. A confermarlo oggi al Corriere della Sera l’epidemiologo, ex docente della Statale ed ex presidente dell’Associazione Italiana di epidemiologia Cesare Cislaghi: «Finora non c’è stato alcun segnale di aumento non è detta l’ultima parola, ma negli ultimi giorni vediamo la stessa tendenza nell’andamento dei nuovi positivi, un trend di lenta ma continua decrescita. Di certo non s’è vista alcuna inversione, e questo è un bene».
Un imponente assembramento, con alcuni tifosi senza mascherine, che ha fatto gridare allo scandalo esperti e politici in tutta Italia: al momento però un effettivo peggioramento del Covid non vi è stato e da qui si possono trarre diverse considerazioni, non ultima l’importanza della campagna di vaccini che viaggia sempre più spedita specie in Lombardia. «Se consideriamo la festa scudetto come una sorta di spontaneo e improvvisato esperimento scientifico», spiega ancora al CorSera Cislaghi, «il legame tra l’andamento dei contagi e il raduno in Duomo non s’è visto e sicuramente non c’è un’evidenza. Bisogna aspettare ancora una settimana per esser certi che da quell’occasione non si sia innescata alcuna catena di contagio, ma possiamo dire che i giusti timori avuti quel giorno per fortuna non si sono concretizzati».
I VERI RISCHI DEL CONTAGIO OGGI
Secondo l’esperto scienziato, il fatto che il maxi-assembramento sia avvenuto all’aperto ha inciso forse in maniera definitiva sulla “mancata” variante Inter: «È sempre più evidenziato il rischio di contagio non solo legato al droplet (micro gocce di saliva emesse durante una conversazione, ndr), ma anche del virus in sospensione in ambienti chiusi. Ora si sta cominciando a vedere questo in maniera sempre più “solida”», spiega il decano degli epidemiologi d’Italia. Per questo, ribadisce Cislaghi, occorre ancora evitare il più possibile le riunioni in luoghi chiusi, aumentando invece a dismisura laddove possibile l’aerazione: «Si tratta di un aspetto difficile da analizzare, perché a livello di laboratorio si intravede la presenza, ma non si riesce a dimostrarne la capacità di contagio e il livello di rischio, pur se dei lavori scientifici esistono, tra cui uno pubblicato di recente sulla rivista Nature. Stando a queste evidenze, come politica di cautela, si giustifica la distinzione tra ristoranti e piscine all’aperto o al chiuso». Tornando sul fronte Inter, se la festa fosse stata controllata e “calmierata” all’interno di un Palazzetto e non in Piazza Duomo, forse qualcosa di peggio sarebbe successo «La concentrazione nell’aria però ha di certo un ruolo nel contagio, pur se inferiore e con un peso residuo rispetto a quello interumano. In un ristorante al chiuso però di certo non basta il metro di distanza, pur se non c’è ancora una misurazione precisa del rischio».