Il Festival dei Popoli, più autorevole e longevo festival italiano del documentario, torna in presenza dopo l’edizione completamente in streaming dello scorso anno a causa delle norme restrittive anti-Covid. La sessantaduesima edizione si svolgerà a Firenze nei cinema La Compagnia, Spazio Alfieri, Cinema Stensen, Istituto francese e al MAD-Murate Art District. Il programma prevede 80 film distribuiti in diverse sezioni. È prevista anche una versione in streaming con una selezione di film a pagamento, visibili per 72 ore in tutta Italia, sulla piattaforma Mymovies, mentre alcuni film della retrospettiva Frontiere in fiamme si potranno vedere gratuitamente per un mese sulla piattaforma europea Tenk.



Il film d’apertura del festival sarà l’originalissimo Diários de Otsoga, presentato in anteprima quest’anno a Cannes, girato durante la quarantena dalla coppia portoghese Miguel Gomes e Maureen Fazendeiro, un festoso omaggio al cinema come atto creativo condiviso che racconta le vicissitudini di una troupe impegnata a girare un film durante la fase più acuta delle restrizioni del 2020. Il film ha una particolarità: il meccanismo del racconto è a ritroso. Il film comincia con l’ultimo giorno di lavorazione e si conclude con il primo, in cui tutto il personale al lavoro viene convocato per ascoltare e apprendere le disposizioni anti-Covid illustrate dal responsabile sanitario.



Tra gli Eventi speciali sono poi previsti, oltre a quello di apertura, film spettacolari per il grande pubblico come The scars of Alì Boulala di Max Eriksson, che racconta la storia del sedicenne Ali Boulala, campione svedese di skateboarding la cui vita sarà stravolta da un drammatico incidente. Sempre tra gli Eventi La fabbrica dell’Italiano, di Giovanni Ortoleva, entra nella villa medicea sede dell’Accademia della Crusca per raccontare la titanica impresa di stesura del Vocabolario della lingua italiana. Infine c’è US Kids di Kim A. Snyder che racconta la storia del movimento “March For Our Lives” nato all’indomani della strage avvenuta presso la Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland in Florida. La contestazione di un gruppo di adolescenti attraversa tutto il Paese e si espande a livello globale.



I diciotto film inediti in Italia, tra lunghi, medi e corti, che partecipano al Concorso internazionale descrivono, in modo originale e con una grande varietà di stili, temi e argomenti, un mondo in perenne cambiamento. In A night of knowing nothing di Payal Kapadia, una coppia di giovani indiani che si amano viene separata dai genitori a causa delle differenze sociali, di casta e di religione. L’innalzamento dei mari sta sommergendo l’isola in cui vive la giovane Aya che è decisa a non abbandonare la sua terra. Lo racconta il film Aya di Simon Coulibaly Gillard. Il regista Samaher Alqadi racconta la rivoluzione egiziana in As I want da un punto di vista inedito: quello delle donne. Con un documentario efficace, Big in China. Georges and the vision machine, il canadese Dominic Gagnon racconta la storia del francese Georges che da anni, con migliaia di video, denuncia la realtà straniante e disumanizzante della società cinese. La regista Nira Burstein in Charm circle descrive la propria famiglia piuttosto fuori della norma: il padre e la madre accumulatori compulsivi, una sorella malata di mente, l’altra in procinto di sposarsi con due donne. Giovanni Cioni nel film Dal pianeta degli umani ricostruisce la storia dimenticata del dottor Serge Voronoff che a Ventimiglia, negli anni Venti del secolo scorso, trapiantava testicoli di scimmia per rinvigorire e prometteva l’elisir di lunga vita.

Sulle Alpi, al confine fra Italia e Francia, gruppi di uomini e donne aiutano gli immigrati ad attraversare le montagne in Alps di Naël Khleifi. Sulla metropolitana di Amburgo, invece, scoppia il colpo di fulmine tra due ragazzi. Lo racconta Nicolaas Schmidt in First time. Una giovane monaca tibetana che studia medicina in India torna a casa per aiutare una donna a partorire. Il viaggio descritto in Metok di Martin Solà è l’occasione per una riflessione su se stessa e la propria vita. È dedicato ai riti ancestrali del culto di Sant’Efisio in Sardegna, il documentario Rondò finale di Gaetano Crivaro. Come si vive dopo che un disastro ambientale ha distrutto il mondo che avevi costruito? È quello che è successo in Sopro di Pocas Pascoal a una coppia di olandesi che aveva investito tutto in una fattoria in Portogallo distrutta da un incendio eccezionale che nel 2017 ha devastato il loro territorio. Sembra un set cinematografico quello di La cité de l’ordre di Antoine Dubis, ma invece è un centro di addestramento della polizia francese, dove gli allievi si preparano ad applicare la legge simulando arresti e azioni di polizia.

Naya di Sebastian Mulder è la storia di Naya, una lupa che si è spostata dalla Germania al Belgio, dove viene catturata, ma soprattutto delle telecamere, ormai ovunque, che l’hanno filmata senza che se ne rendesse conto. In My uncle Tudor la regista torna nel Paese d’origine per affrontare lo zio Tudor che per anni ha abusato di lei. In Brave, di Wilmarc Val, a Cebu muore la madre, sacerdotessa Vudu, e lui torna nel Paese d’origine, Haiti, per organizzarne il particolare rito funebre. Un anziano contadino argentino racconta in Érase una vez in Quitzca della morte in solitudine di un amico. Saint Jean-Baptiste di Jean-Baptiste Alazard racconta la storia di San Giovanni Battista come se fosse quella di un sovversivo. Piccoli momenti di vita urbana in Half a year light, di Leonardo Moruamateus, in cui si incrociano una coppia che rievoca la storia di un portafoglio smarrito e un ragazzo che in una strada affollata di Lisbona schizza le sagome dei passanti.

Nella sezione Fuori concorso il Festival dei Popoli presenta opere di giovani autori e autrici che rivelano nuovi sguardi sul mondo in cui viviamo. La prima di queste opere è Caveman. Il gigante nascosto di Tommaso Landucci, che narra la creazione di una delle opere più ambiziose e affascinanti dello scultore toscano Filippo Dobrilla: “Il gigante dormiente”, una gigantesca scultura realizzata nell’arco di decenni in una grotta delle Alpi Apuane che si trova a 650 metri di profondità ed è quindi praticamente invisibile.

Quattro famiglie di circensi, abbandonate dalle istituzioni alla periferia di Napoli sono le protagoniste di La carovana bianca di Artemide Alfieri e Angelo Cetella. Il circo è fermo a causa della pandemia, ma i circensi si ostinano a volersi muovere.

Lawrence di Giada Diano ed Elisa Polimeni è il ritratto intimo e ironico di Lawrence Ferlinghetti, scrittore, poeta e pittore, animatore culturale della scena beat californiana, recentemente scomparso. Nel film Ferlinghetti si racconta con allegra e divertita spontaneità nei luoghi iconici di San Francisco e della Bay Area, come la mitica City Bookstore.

L’assedio di Marta Innocenti racconta il folle rituale che ogni anno porta centocinquantamila spettatori provenienti da tutto il mondo nei campi che circondano il circuito dell’Autodromo del Mugello per vivere un’esperienza estrema e senza limiti. Infine Zona limite di Stefano Di Buduo è il racconto di uno spettacolo del famoso regista teatrale Eugenio Barba che si svolge in una piccola cittadina danese di confine.

Sono 7 i documentari della sezione Concorso Italiano. Grazie a questi film è possibile conoscere mondi e persone che non si incontrano tutti i giorni o che, viceversa, non si notano. Camilo, un cittadino italiano di origine colombiana, torna in Colombia a cercare di ricostruire la storia del padre, ex comandante guerrigliero morto in esilio a Roma in Los Zuluagas di Flavia Montini. Un giovane pastore siciliano riceve la notizia della nascita di una figlia mentre lavora in solitudine in una campagna fuori dal tempo in Tardo agosto di Federico Cammarata. Enrico Maisto con L’età dell’innocenza realizza un autoritratto intimo impietoso e un diario personale per capire se è finalmente diventato adulto. Bastano una capra che si aggira brucando e un paesaggio arcaico tra rovine disseminate nella campagna per rappresentare un Sud mitico in cui convivono le contraddizioni di mondi distanti in La zita di Tiziano Doria. Una donna torna a casa per confrontarsi con la famiglia (e la comunità religiosa) da cui si è allontanata anni prima in Il momento di passaggio di Chiara Marotta: l’affetto reciproco cerca di tenere insieme visioni del mondo contrapposte. Sembra la fortezza del Deserto dei tartari la trincea in cui vivono Baraq e il suo plotone in uno stato di attesa permanente, in un conflitto apparentemente senza fine, ma è la realtà del fronte siriano in La guerra che verrà di Marco Pasquini. Un gruppo di sordociechi e persone con disabilità sensoriali comunica grazie alle sue straordinarie modalità di interazione grazie al tatto in Quando tu sei vicino a me di Laura Viezzoli.

Il festival dedica, poi, una prima retrospettiva ufficiale al duo di registi francesi Nicolas Klotz ed Elisabeth Perceval i cui film di finzione e i documentari non sono mai stati distribuiti in Italia. Si tratta, quindi, di un’occasione unica per conoscere due autori invisibili. La retrospettiva dal titolo “Frontiere in fiamme” presenterà una selezione di 14 opere e precederà addirittura quella completa che avrà luogo al Centre Pompidou il prossimo anno. Ci sarà l’anteprima italiana di Nous disons révolution (2021) per poi spaziare dagli esordi di Paria (2000) e La blessure (2004), passando per film di grande successo come La question humaine (2007, protagonista Mathieu Amalric) e Low Life (2012), e per progetti più sperimentali come Mata Atlantica (2016) e Saxifrages (2020), fino alle intersezioni con il teatro con la trilogia Project Castellucci (2015), realizzata in collaborazione con Murmuris e il Teatro Cantiere Florida, e Hamlet en Palestine (2017) sul regista teatrale Thomas Ostermeier che indaga sulla morte di Julio Mer-Khamis, direttore del Freedom Theatre, spazio creativo per i giovani palestinesi. E poi Vendredi 13 (2016) sugli attentati terroristici a Parigi del novembre 2015. La coppia di registi sarà a Firenze per presentare i loro film, incontrare il pubblico e partecipare a tavole rotonde e workshop.

Trent’anni fa, il 26 dicembre 1991, l’Unione sovietica cessa formalmente di esistere. Per ricordare cosa l’Urss e la sua fine hanno rappresentato a livello simbolico, il Festival dei Popoli propone nella sezione Diamonds are for ever-Red Utopia una selezione di film provenienti dal suo archivio che comprende più di 15 mila titoli. Un’occasione unica per vedere (o rivedere) sul grande schermo alcuni tra i più eclatanti capolavori degli ultimi decenni.

Tra i film in programma, Our Century di Artavazd Pelechian (1983), sul secolo breve in Unione Sovietica, ed Elegia sovietica di Aleksandr Sokurov (1989), visione lirica e lucida su un impero in procinto di crollare; l’imperdibile Belovy di Viktor Kossakovsky (1992), uno sguardo realista e poetico sul mondo contadino, e Paradise di Sergej Dvortsevoj (1995), in cui si dedica attenzione ai gesti quotidiani di uomini e donne in lotta per la propria sopravvivenza; poi i ritratti di persone sconosciute in Alone di Dmitri Kabakov (1999) e l’omaggio struggente di Elem Klimov alla sua compagna Larisa Shepitko (Larisa, 1980) e all’idea di un nuovo cinema sovietico; il movimento inquieto e frenetico di una generazione che anela una vita differente raccontata da un regista straordinario come Juris Podnieks in Is It Easy to Be Young? (1986). A conclusione del percorso, la memoria del cinema che riemerge nello sguardo di uno dei registi più significativi del panorama contemporaneo, Bill Morrison con The Village Detective (2021), incentrato sulle bobine di un vecchio film sovietico recuperate da un pescatore a 20 miglia dalla costa islandese. Quest’ultimo film sarà disponibile anche in streaming sulla piattaforma Mymovies.

La sezione ambientalistica del festival, Habitat, comprende 5 film ed è piena di sorprese. Forse il più curioso dei documentari è The bubble di Valerie Blankenbyl che permette di conoscere The Villages, in Florida, la più grande comunità di ritiro al mondo, con oltre 150 mila residenti in un’area grande due volte Manhattan, dove coppie di pensionati agiati hanno deciso di vivere appieno gli ultimi anni di vita togliendosi tutti gli sfizi possibili.

Gli altri 4 documentari sono Oltre le rive, dedicato al Piave, Composer les mondes, su un antropologo che si chiede come e perché l’umanità ha ridotto così il pianeta, Holgut, ambientato in una Siberia dove il permafrost si sta sciogliendo, Canards errants, infine è un’ironica indagine sulla scomparsa di 90 paperelle di gomma utilizzate da scienziati della NASA per studiare i cambiamenti climatici.

Let the music play è la sezione del festival dedicata ai documentari musicali. Ne fanno parte 5 documentari. Il più curioso è sicuramente To whatever wants to listen di Jérôme Florenville che si occupa del noise, uno dei generi più ostici del panorama sonoro: infatti piuttosto che produrre musica produce rumori. In un colpo solo si potranno confrontare artisti eterogenei e le loro esibizioni, laceranti ed estreme.

Completano il sostanzioso programma la sezione Doc at Work – Future Campus, con una selezione di 12 film provenienti da 10 scuole di cinema europee, la sezione Popoli for Kids & Teens, una selezione di 6 documentari rivolti ai più giovani, nonché un convegno sul patrimonio archivistico audiovisivo, incontri, masterclass, workshop e, novità, i Pop Corner, i talk del festival.

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