La grande musica torna al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Proprio come volevano Giancarlo Menotti e Samuel Barber che lo concepirono. E torna presentando in Italia grande musica americana poco nota nel continente «vecchio». Altro forte legame con le origini della manifestazione. Per circa dieci anni, la prosa ha fatto da padrona. L’anno scorso, quando è iniziata la direzione artistica di Monique Veaute, il programma è dipeso, in gran misura, da ciò che si poteva mettere in scena mentre imperversava la pandemia. Una notazione: non c’è opera ma «teatro musicale», una scelta intelligente perché l’Italia è piena di festival lirici estivi, mentre il moderno «teatro musicale» è relativamente poco conosciuto.



Il festival viene inaugurato con il concerto della Budapest Festival Orchestra(24 giugno) diretta da Iván Fischer. La compagine esegue per la prima volta in Europa il grande oratorio diPhilip Glass The Passion of Ramakrishna, al quale accosta l’Ouverture n. 4 in re maggiore di Bach. All’orchestra si aggiunge il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nel segno della collaborazione tra le due istituzioni. La proposta musicale è particolarmente ricca grazie alla presenza delle due orchestre. La residenza dei musicisti di Budapest continua al Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi (24-26 giugno) con una rassegna di musica da camera: per i «concerti di mezzogiorno» eseguono la nuova trascrizione per ensemble dei Canti della lontananza di Gian Carlo Menotti – commissionata dal Festival a Orazio Sciortino per omaggiare il fondatore –, mentre gli appuntamenti pomeridiani (ore 17.00) portano in scena la serenata per tre voci e strumenti di Antonio Vivaldi La Senna festeggiante, capolavoro, raramente eseguito, del repertorio barocco.



Al centro del cartellone musicale c’è Barbara Hannigan, soprano e direttrice d’orchestra, star mondiale la cui voce è fra le più originali e richieste della scena lirica contemporanea. La sua residenza a Spoleto è legata a doppio filo a quella dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con la quale condivide il palcoscenico di Piazza Duomo per due serate. Sabato 2 luglio è direttrice d’orchestra e cantante di La Voix Humaine, nella sua originale interpretazione del capolavoro di Francis Poulenc e Jean Cocteau, che accosta a Metamorphosen di Richard Strauss. Due sono gli appuntamenti con Antonio Pappano: domenica 10 luglio, Barbara Hanningan è interprete di Fascinating Rhythm di George Gershwin nel concerto di mezzogiorno e di Knoxville Summer of 1915 di Samuel Barber, per il gran finale del Festival che Antonio Pappano dedica ai grandi compositori americani anche con la Sinfonia n. 3 di Aaron Copland.



Grande attesa per il concerto di domenica 3 luglio (Teatro Romano): Barbara Hannigan accompagnata dal pianista Stephen Gosling interpreta Jumalattaret, ciclo di canzoni composto per lei da John Zorn e ispirato al poema epico finlandese Kalevala, che mette alla prova le sue possibilità vocali tecniche ed espressive, ritenute al limite della possibilità umana.

Con la sua voce carica di vibrazioni la cantante portoghese Mariza (30 giugno, Piazza Duomo) che ha saputo trasformare il fado da tradizione locale a fenomeno mondiale. L’artista che ha raccolto l’eredità della «regina del Fado» Amália Rodrigues festeggia a Spoleto i suoi vent’anni di carriera, con un concerto speciale che celebra orgoglio e malinconia di un genere musicale che è patrimonio intangibile dell’umanità. Dopo l’oratorio di Philip Glass, il percorso nella musica americana continua con la rassegna di concerti dell’Ensemble Sentieri selvaggi (1-3 luglio, Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi), guidato dal suo direttore artistico Carlo Boccadoro. Sentieri selvaggi e i grandi compositori americani si frequentano sin dai primi concerti dell’ensemble, nato a Milano nel 1997 per far conoscere la musica contemporanea al grande pubblico. In tre diversi programmi, l’ensemble costruisce un mosaico sonoro di voci da scoprire, dai grandi protagonisti del minimalismo come Philip Glass, Steve Reich e Terry Riley alla libertà espressiva di Missy Mazzoli, Christopher Cerrone, Timo Andres e Armando Bayolo, tutti raramente eseguiti in Italia.

La collaborazione del Festival con Umbria Jazz prosegue con il concerto di Dianne Reeves (3 luglio, Piazza Duomo), diva indiscussa del genere e unanimemente ritenuta discendente dell’eredità della grande Sarah Vaughan. La voce di Dianne Reeves è accompagnata da musicisti del calibro di John Beasley, Romero Lubambo, Itaiguara Brandão e Terreon Gully. Altra grande protagonista di questa edizione è la quattro-volte vincitrice ai Grammy Awards Angélique Kidjo (8 luglio, Piazza Duomo). Il nuovo album Mother Nature torna ai ritmi della sua Africa, celebrandola come luogo geografico e soprattutto come culla del genere umano. Al confine tra installazione, concerto e live set è la performance musicale di Tovel (Matteo Franceschini) e Jacopo Mazzonelli (8-9 luglio, Teatrino delle 6 Luca Ronconi). Franceschini dialoga attraverso l’elettronica con i suoni reali delle sculture di piano forti realizzate da Jacopo Mazzonelli.

Molto ricche anche le altre sezioni del festival (danza, prosa).