Sorprese, grandi ritorni e scoperte: Venezia 78 sulla carta è una delle edizioni migliori degli ultimi anni. La Mostra diretta da Alberto Barbera è reduce da stagioni di grande successo – dal recente Nomadland a La forma dell’acqua, molti film passati dal Lido hanno trionfato agli Oscar – e la seconda edizione in epoca Covid ha tutte le carte in regola per conquistare critica e pubblico. Per parlare del programma di Venezia 78, abbiamo contattato Emanuele Rauco, selezionatore della Mostra e noto critico cinematografico…



Il programma di Venezia 78 è ricchissimo, sulla carta uno dei migliori degli ultimi anni…

«Il numero di film che abbiamo visto è forse un po’ superiore all’anno scorso. Il numero si aggira attorno a 1.500 film, ma a differenza degli anni scorsi abbiamo iniziato a lavorare prima. Abbiamo cominciato a lavorare a gennaio, due mesi prima rispetto al solito: come numero di produzioni importanti c’è stato un anno e mezzo in uno, con molti film che avevano deciso di non uscire in sala nel 2020. Ci sono tantissimi film per tutti i Festival – Cannes, Toronto ma anche Locarno – e di buona qualità: si è prodotto di più e forse le difficoltà produttive hanno stuzzicato la fantasia dei registi. Molti film hanno sfruttato il distanziamento pur non parlando della pandemia, con ottimi risultati. L’anno scorso abbiamo dovuto reinventare una linea editoriale, mentre quest’anno il lavoro è stato opposto: non chiudere la selezione troppo presto e aspettare di ricevere qualche altro film».



Qual è lo stato di salute del cinema internazionale?

«Il livello medio è molto buono. Noi selezionatori ci confrontiamo e quest’anno abbiamo dato voti più alti rispetto al passato. C’erano dei film molto forti già pronti, ma diversi registi hanno sfruttato la pandemia per reinventarsi. Paolo Sorrentino, ad esempio, dopo un percorso estetico preciso, ha fatto un film in cui ritorna alle sue radici e non solo esteticamente. Tutti i registi avevano voglia di dire qualcosa e hanno modificato il loro modo di fare film. Abbiamo visto una vitalità diversa e speriamo che anche gli spettatori possano accorgersene. Dall’Oriente sono arrivati pochi film, soprattutto dalla Cina, mentre l’area russa ha evidenziato grande prosperità».



Come evidenziato dal direttore Barbera, nel programma di Venezia 78 troviamo diversi film che superano le due ore, la serialità può aver inciso…

«Questo lo notiamo da un po’ di tempo, quest’anno ci sono alcuni molto lunghi. Quello di Erik Matti, in concorso, dura tre ore e mezza. Molti film superano le due ore. La serialità ha portato a un’altra forma di racconto: un’unica storia raccontata in dieci-venti ore. Questo ha dato agli spettatori una certa abitudine ad avere delle narrazioni molto fluviali, questo lo vediamo anche nei romanzi. C’è una riscoperta dell’incanto della narrazione».

Meno film diretti da donne in concorso rispetto allo scorso anno, ma il cambio di passo è visibile a occhio nudo…

«Questo è un anno più “normale” dal punto di vista produttivo. In situazioni di emergenza i produttori hanno tolto ogni remora e hanno affidato molti più lavori alle donne registe. Quest’anno si è tornati alla norma: il 20-25% dei film è stato realizzato da donne. Ma l’impatto positivo del dibattito critico c’è: ci sono meno film diretti da donne, ma i film che abbiamo visto sono più forti, più curati, c’è più attenzione. Un’altra cosa importante è la presenza di più sceneggiatrici donne e più membri della troupe donne. Sono aumentate anche le produttrici donne, ma bisogna continuare così per arrivare ad un cambio di passo»

Dopo Titane a Cannes, pronostici sul film “scandalo” di Venezia 78?

«Un film che sicuramente scatenerà il dibattito è Les Choses humaines di Yvan Attal, che parla di uno stupro. Dentro c’è anche la differenza di classe sociale e si interroga su come la verità sia sempre ambigua: potrebbe dare adito a polemiche. Da un punto di vista erotico non credo ci saranno grossi “scandali”. Ci sono dei film in cui l’argomento è forte, con molta violenza, come Nosorih di Oleh Sencov (Orizzonti, ndr)»

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