Giunto alla settimana edizione, il Chigiana International Festival and Summer Academy è diventato con il Ravenna Festival, che ha compiuto trenta due anni una delle due manifestazioni musicali più interessanti e più stimolanti dell’estate. Quello di Ravenna è un festival multidisciplinare in due puntate, una lunga estiva ed una più breve autunnale (dedicata essenzialmente all’opera ed al teatro in musicala). Al Chigiana Festival di Siena c’è solo musica, per lo più contemporanea oppure grandi riprese del passato.
A Siena il sipario viene alzato sessanta volta. A Ravenna centoquaranta. Sono ambedue tematici. Il festival di Ravenna 2021 è dedicato a Dante. Quello di Siena alla diversità di espressioni musicali, con grande accento, però, sul moderno e sul contemporaneo. Hanno ambedue un forte supporto locale ed anche un buon pubblico internazionale: Ravenna – come detto più volte, è diventata la Salisburgo sull’Adriaco. Siena conta oltre che su una forte presenza di spettatori toscani su quella di numerosi anglosassoni che hanno scelto la regione come luogo di residenza secondaria, od anche primaria, nonché sul turismo musicale che sta riprendendo.
La parte centrale del Chigiana International Festival and Summer Academy 2021 è la musica americana della seconda metà del Novecento e dell’inizio di questo secolo con molte rarità (come si addice ad un festival):diciotto prime esecuzioni o internazionali o italiane, grande attenzione alla musica americana contemporanea con un focus su Steve Reich, una significativa presenza femminile (venti tra direttrici di ensemble e compositrici), un allestimento operistico ( L’occasione fa il ladro di Rossini) ed un’opera per bambini in forma semiscenica (Le nuove avventure di Babar di Francis Poulenc e di Fred Onowversuoke). Al Festival la musica contemporanea e moderna si alterna con concerti da camera di musica del settecento e dell’ottocento, in cui sono in gran misura protagonisti i partecipanti ai corsi di perfezionamento nella sala da concerti di Palazzo Chigi Saraceni od in altri luoghi suggestivi della provincia.
Alla serata inaugurale, l’elegante auditorium vanvitelliano era pieno (entro i limiti delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria) sia di senesi sia di stranieri (in parte residenti in Toscana). Il programma è stato costruito come un antipasto al resto della manifestazione: la prima esecuzione italiana di un lavoro recente (del 2018) di Reich (Music for Ensemble and Orchestra), seguito da un classico di Copland, Clarinet Concert (1948, notissimo soprattutto per la versione da balletto coreografata nel 1951 da Jerome Robbins) ed un omaggio a Stravinskij nel cinquantenario della morte, scegliendo uno dei lavori del suo periodo neoclassico. Prima del concerto il coro non ha fatto mancare un omaggio a Josquin Desprez, di cui ricorrono seicento dalla morte, (intonando una sua Ave Maria) nell’incontro a Palazzo Chigi Saraceni che ha preceduto l’inaugurazione vera e propria del festival.
Un programma complesso che ha richiesto oltre ad una grande orchestra sinfonica, per il brano di Reich la presenza del Chigiana Keyboard Ensemble (Luigi Pecchia e Monica Cattarossi) e del Chigiana Percussion Ensemble – Alessio Cavaliere e Emanuela Olivelli, oltre che di Giuseppe Ettorre, al contrabbasso, e di Franco Fabbrini al basso elettrico. Il brano di Copland, composto su impulso di Benny Goodman, ha comportato un clarinettista di fama internazionale, Alessandro Carbonare. Il balletto di Stravinskij è stato eseguito nella versione integrale per la scena del 1920, quindi con un soprano, Ornella De Lucca, un tenore, Pasquale Scircoli, ed un basso Gianandrea Navacchia. Quindi, un grande sforzo produttivo.
Il Music for ensemble and orchestra di Reich è una versione moderna di quello che era il Concerto Grosso di stampo barocco: venti solisti, archi, fiati, due vibrafoni e due pianoforti. Lo stesso Reich afferma di essersi ispirato ad Quinto Concerto Brandeburghese di Bach, riletto, però, con gli stilemi del minimalismo americano della fine del secolo scorso e dell’inizio di questo. Il basso elettrico porta un’eco del rock and roll e le percussioni sensazioni più mediterranee (quasi medio-orientali) che americane. Molto bello il diminuendo che conduce con dolcezza al pianissimo finale, Rustioni ed i gruppi di solisti hanno dato prova di grande abilità.
Differente il brano di Copland. Si avverte l’ascendenza Litvak, ossia di cultura ebraica lituana (che lo accomunava con Goodman) e soprattutto l’influenza jazz e l’euforia degli anni successivi alla seconda guerra mondiale. E’ un dialogo travolgente tra clarinetto ed orchestra. Tanto eccitante che il pubblico entusiasta ha chiesto un bis a Carbonare, che ha risposto con un a solo.
Dalla musica americana del Novecento si passa allo Stravinskij parigino degli anni venti. Pulcinella – come è noto – è una rielaborazione, da parte del compositore nato in Russia (ma, successivamente, naturalizzato prima francese e poi americano), di manoscritti incompiuti di Pergolesi, rinvenuti per caso da Diaghilevnella biblioteca del Conservatorio di Napoli. Del lavoro esistono diverse versioni (per la scena, ebbe la coreografia di Massime e le scene e costumi di Picasso). E’ stata eseguita la partitura originale che trionfò all’Opéra di Parigi e che a differenza delle successive (suite, pianistiche), comporta personaggi e voci. L’orchestra diretta da Rustioni ha reso bene il Settecento quale riletto da Stravinskij. Ben impostate le voci, ma un po’ piccola quella del tenore.
Il vostro chroniqueur tornerà probabilmente per altri due concerti di musica poco eseguita: quello dedicato a Martinů, Krakauer e Zemlisky e quello dedicato alle più recenti opere di Reich e Letort, in collaborazione con il laboratorio di sonologia del conservatorio di Padova.
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