Si è chiusa ieri l’81esima Mostra del cinema di Venezia. Vince il Leone d’Oro il film di Pedro Almodóvar The room next door. Il Leone d’argento alla miglior regia viene assegnato a Brady Corbet per The Brutalist. Il Leone d’argento Gran premio della giuria va alla regista italiana Maura Delpero per Vermiglio. Coppa Volpi femminile a Nicole Kidman per Babygirl, quella maschile a Vincent Lindon per Jouer Avec Le Feu. Infine miglior sceneggiatura a Walter Salles con Ainda Estou Aqui e il Premio speciale della giuria ad April di Dea Kulumbegashvili.



La premiazione, presieduta dalla presidente di giuria Isabelle Huppert, è sembrata ispirarsi al manuale Cencelli, con premi sparsi tra le diverse filmografie nazionali. Ma, a dire il vero, il premio maggiore al film di Almodóvar è più che meritato, accompagnato dalla magica intesa delle due attrici protagoniste, Julienne Moore e Tilda Swinton.



L’Italia non ha spiccato, anzi, ha peccato, con film piuttosto modesti, affacciati al concorso quasi per sbaglio. A brillare, al contrario, sono state le grandi star hollywoodiane, accorse in quantità industriale, dopo la sciagurata assenza per sciopero dell’anno scorso, che aveva tolto un po’ di glamour alla manifestazione.

Di seguito le pagelle dei film che ho visto per voi, in ordine di gradimento, accompagnati da una sintetica descrizione e da un voto espresso in una scala da 1 (da dimenticare) a 5 (capolavoro). Buona visione!

The Brutalist (4,5), con Adrien Brody, Felicity Jones e Guy Pearce

L’epopea creativa di László Tóth, architetto ebreo genialoide sfuggito dal nazismo e rifugiato negli Stati Uniti. Qui conosce la povertà, la fame e la mortificazione del suo talento. Fino a quando non ottiene il suo primo vero lavoro d’architetto. E la sua passione diventa follia. Un film girato in modo originale e impulsivo (di oltre 3 ore) animato da emozioni violente che si sprigionano dal volto e dal corpo di un magnifico Adrien Brody. Convulso.



La stanza accanto/The room next door (4,5), di Pedro Almodóvar, con Julianne Moore, Tilda Swinton e John Turturro

Ingrid e Martha, amiche da giovani, si ritrovano per caso dopo anni quando a Martha viene diagnosticato un cancro. Quando capisce che le cure non funzionano, sceglie di mettere fine alla sua vita con l’aiuto dell’amica. Un film sull’eutanasia, vista come diritto inalienabile di scegliere della propria vita. Un film intimo, profondo, ben recitato e toccante. Che aiuta a rispettare il punto di vista di tutti. Commovente.

I’m still here/Ainda estou aqui (4), con Fernanda Torres

La storia di una famiglia felice ai tempi della dittatura militare in Brasile. Sono gli anni Settanta, quelli dei “desaparecidos”, persone sospettate di ordire complotti a danno del regime, fatte sparire da un giorno all’altro, e per sempre. Una ferita indelebile nella storia brasiliana e nella vita di Eunice Paiva e dei suoi figli. Inerme, di fronte a soprusi e violenze. Inquietante ma vero.

Vermiglio (4)

Il miglior film italiano in concorso. Nel tranquillo paese di Vermiglio, sulle montagne trentine, si vive la vita di tutti i giorni, tra tradizioni, patriarcato e rigide regole di moralità, nonostante a pochi chilometri si combatta la Seconda guerra mondiale. Un prezioso affresco di una società rigida e intransigente che impone ai figli il proprio destino, soffocandone la libertà. Un film coi ritmi di montagna, recitato con grande naturalezza perfino dai più piccoli che la sera sussurrano i loro pensieri. Patriarcale.

Joker: Folie à deux (3,5), di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix e Lady Gaga

Il Joker è tornato. E questa volta canta, oltre a ridere ed ammazzare. Colpo di scena, e qualche imbarazzo, per un sequel che vuole sparigliare le carte, cambiando genere e storia. Joker annusa l’amore, quello di Lady Gaga che si infatua dell’antieroe pubblico. “Folie à deux” è un musical diversamente affascinante, intervallato da scene di carcere e di tribunale. Spiazzante con gusto.

Maria (3,5), di Pablo Lorrain, con Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Valeria Golino

Gli ultimi anni di vita di Maria Callas, la più grande cantante lirica della storia. Una finestra, la più dolorosa, della vita della Callas, ritirata dalle scene e ormai in preda alla depressione e al tormento. Un’esistenza crepuscolare, confinata nel privato e nei ricordi del passato. Brava e sofferente la Jolie, che canta. Doloroso.

Babygirl (3), con Nicole Kidman, Antonio Bandera e Harris Dickinson

Nicole Kidman si era già laureata in “seduzione” nel capolavoro di Kubrick “Eyes Wide Shut”, ai tempi di Tom Cruise. In “Babygirl” esplora i confini della perversione, giocando a fare il cagnolino e lasciandosi dominare brutalmente dallo stagista fresco di assunzione. Un thriller erotico e sensuale che poggia le sue radici nelle profondità più proibite della psiche. In un certo senso, educativo.

The Order (3), con Jude Law

Solido poliziesco americano. La storia di un gruppo di fanatici, fondatori di “The Order”, per un nuovo mondo guidato dal suprematismo bianco. Un film appassionante, senza smaccate eccellenze, che ci ricorda come può cambiare la realtà sotto la leadership delirante dell’uomo, o della donna, sbagliati. Il libro che ha ispirato questa setta si è visto appeso nei disordini di Capitol Hill. Profetico.

Diva Futura (3), con Pietro Castellitto

La vera storia di Riccardo Schicchi, l’inventore del porno all’italiana e delle sue desiderate protagoniste che tutti conoscono: Ilona, Moana ed Eva. Una quasi santificazione del personaggio, che pare Bonolis, capace di costruire attorno a sé una famiglia di donne da apprezzare e rispettare. Almeno nelle intenzioni, secondo chi quegli ambienti li ha vissuti in prima persona. Una commedia senza lieto fine che ha prodotto una rivoluzione di costume. Leggero.

Tre amiche/Trois amies (3)

Una tassonomia dell’amore in uno scorrevole film che odora di Woody Allen. Tre donne e tre modi di vivere la coppia, finché non scoppia. Un po’ cinico, un po’ commedia, un po’ realtà. Puoi stare per convenienza, puoi rompere per senso di colpa, puoi scegliere di non legare fino a quando non ti innamori davvero. Un tira e molla che spesso ha a che fare più con i nostri bisogni che con quelli degli altri. Freudiano.

The quiet son/Scherzando con il fuoco (3)

Pierre, un padre cinquantenne rimasto vedovo, si trova a dover crescere da solo i due figli adolescenti, proprio negli anni in cui tocca loro costruirsi un futuro. Tra i due figli, il maggiore di ventidue anni, attraversa una feroce fase di ribellione, lasciandosi affascinare da pulsioni razziste e xenofobe. E l’affetto del padre non sembra bastare. Un buon film, sulla difficoltà di essere genitori, anche quando l’amore prova a fare il suo dovere. Litigioso.

El Jockey (2,5), di Luis Ortega

Un fantino di successo ha perso il vizio della vittoria, ormai in preda alle droghe e ai debiti con la mafia locale. Dopo un incidente grave, cambierà vita e identità, esplorando mondi che mai aveva pensato di frequentare. Regia folle, colorata e inaspettata. Un esperimento narrativo che ci porta nell’assurdo e nel grottesco, come se fosse tutto normale. Un film coraggioso, riuscito solo a metà. Freak.

Stranger eyes (3)

A Singapore, tra palazzi vicini e telecamere sparse ovunque per la città, sembra impossibile non essere controllati. Ma nonostante questo, la piccola Bo sparisce nel nulla, lasciando un senso di vuoto tra i genitori. Un film che riflette sul rapporto tra vedere ed essere visti e sulle verità più nascoste che si nascondono dietro a ognuno di noi. Si scomoda “La finestra sul cortile” di Hitchcock. Ma, rispetto al Maestro, manca un po’ di pathos, di suspence e pure di senso. Contorto.

I figlio dopo di loro/Leur enfants après eux (2,5)

Un film francese sull’adolescenza, vissuta in un contesto di disagio. Il film parte bene, con  storie di famiglie complicate, razzismi e dintorni delinquenziali. Poi, nel degrado dei sentimenti, spunta una storia d’amore impossibile che finisce per banalizzare il film. Se sei povero in canna, puoi sognare di metterti con la più bella del reame? Telefonato.

Campo di battaglia (2,5), di Gianni Amelio, con Alessandro Borghi

Un classico dei classici firmato Gianni Amelio. Siamo durante gli eventi della Prima guerra mondiale. Nell’ospedale militare si confrontano le visioni del mondo di due medici, amici d’infanzia. Uno vorrebbe rimandare tutti al fronte, intollerante verso la viltà. L’altro vorrebbe salvarli, concedendo loro la libertà di salvarsi dal conflitto. Grandi silenzi, fotografia rigorosa, dialoghi teatrali in un film perfetto per i gusti del pubblico di Rai 1. Ingessato.

Iddu (2,5)

Ancora l’Italia, negli ultimi posti delle pagelle. “Iddu” è la storia di Matteo Messina Denaro. Dei suoi pizzini, delle sue donne, dei suoi rifugi, della sua latitanza. Invece che scegliere di portarci con realismo, sgomento e paura nei luoghi della malavita, i due registi usano il grottesco, in malo modo, cucendolo sulle facce dei rodatissimi Toni Servillo ed Elio Germano, così da farne una banale storia di fiction. Sprecato.

April (2,5)

In un remoto villaggio georgiano, dove l’aborto è punito per legge, la ginecologa Nina fa gli straordinari, dopo il lavoro in ospedale, aiutando alcune donne abusate ad abortire. A danno della propria reputazione e coscienza. Un tema necessario, in questo periodo di diffuso oscurantismo, raccontato con lunghi e infiniti silenzi che lo rendono pressoché infruibile. Autoriale.

Queer (2), di Luca Guadagnino, con Daniel Craig

La vera delusione di questa edizione, nonostante le diffuse critiche positive. La storia di un omosessuale drogato, predatore ossessivo, in fuga dagli Stati Uniti. Una grande prova per Daniel Craig, ben lontana dal suo esplosivo curriculum di attore, che si inserisce in un film pasticciato e disarmonico, in 4 capitoli, tratto dall’omonimo libro della Beat generation. Confuso.

Harvest (1,5)

Polpettone bucolico che annega in inutili lungaggini. La storia immaginaria di un immacolato territorio coloniale, conquistato dalla modernità. In un remoto passato (quando ancora c’erano le streghe), un paesone fondato su una sorta di anarchia pastorale diventa preda di un borioso signorotto locale. Ricco, violento e potente. Una tragicomica interpretazione del genere western, si legge nella descrizione da loro stessi fornita. Non ho altro da aggiungere. Tragicomico.

Fuori concorso, ho visto e apprezzato Separated (4,5), un incredibile docufilm sulle politiche anti immigrazione istituite dall’amministrazione Trump e mantenute in essere da Biden; Russians on war (4,5), con la giovane regista impegnata sul fronte ucraino come testimone, in guerra senza paura; Quiet Life (4), un film sulla catatonica sindrome da rassegnazione di due ragazzine russe migranti in Svezia; Familiar touch (4), il lento declino di una donna, in lotta con la perdona di memoria e l’inizio di una nuova vita in ospizio; Wolfs (3,5), ispirato al Wolf di Pulp fiction, la coppia Pitt/Clooney fa sorridere e incantare; Mistress Dispeller (3,5), la storia di una coppia scoppiata accompagnata da un’allontanatrice di amanti, un mestiere che in Cina esiste davvero; Mon inseparabile (3,5) sul diritto alla sessualità e alla procreazione delle persone con disabilità; Broken rage (3,5), il nuovo folle, breve lungometraggio di Takeshi Gitano, demenziale parodia dei gangster movie, per chi piace il genere; Marco (3,5), la vera e assurda storia di un reduce di un campo di concentramento che in realtà mai ci è stato; Youth: homecoming (3,5), un fedele documentario sulla gioventù cinese bruciata da un lavoro senza pause né diritti; Happy end (3), tra distonia e realtà in una scuola giapponese dominata da telecamere di controllo che assegnano penalità ai ragazzi più ribelli; Diciannove (3), il giovane Leonardo rinuncia a Londra per studiare lettere a Siena, dove vive alla scoperta di sé e delle sue pulsioni; Kjærlighet Love (3), l’amore ai tempi di Tinder e Grindr, per una nuova visione dell’amore e della libertà sessuale; Il tempo che ci vuole (3), l’omaggio, intimo, delicato e appassionato, di Cristina Comencini all’immenso padre Luigi, capace di mettersi da parte pur di salvare il futuro dell’amata figlia.

Fuori concorso, ho visto e dimenticato L’orto americano (2,5), l’ultima fatica di Pupi Avati, tra horror e follia, storia di un amore sognato per caso; Le mohican (2,5), un rude e silenzioso pastore si ribella alle pressioni della mafia corsa e diventa eroe social di resistenza;  In cerca di un posto sicuro per Mr. Rambo (2,5) da una lite per un’eredità nasce la minaccia di morte per il tenero cane Rambo, che il padrone vuole salvare ad ogni costo.

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