Si è tenuto ieri l’incontro nel carcere di Poggioreale a Napoli con Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino ucciso dalla mafia di Cosa Nostra nell’attentato di Via D’Amelio a Palermo il 19 luglio 1992. L’appuntamento è stato organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio ed è stato proceduto dalla proiezione delle due puntate della miniserie tv con protagonista Giorgio Tirabassi. Dalla famiglia di origine all’amore del padre per la giustizia, con l’obiettivo di liberare la Sicilia dal male e dall’oppressione del potere criminale: “Lui non era contento di far arrestare i mafiosi – le parole di Fiammetta Borsellino riportate dal Mattino – ma sperava di entrare in relazione con loro e suscitare così una reazione umana che avrebbe potuto produrre un cambiamento”. A tal proposito, la figlia del giudice ha tenuto a ricordare una frase della madre: “Paolo faceva venire la luce anche nel peggiore degli uomini”.



Fiammetta Borsellino a Poggioreale

Il dialogo tra Fiammetta Borsellino e i detenuti è stato appassionato, con tante domande personali e relative alla vita della famiglia. Immancabile un cenno alla passione per la giustizia e per il suo lavoro: “Noi lo capivamo e lo seguivamo, ci trascinava come un’onda del mare che ti trasporta e tu ti lasci andare. Tanto che quando dovevamo uscire insieme, spesso mi avviavo davanti a lui e lo procedevo per le scale di casa, un po’ per gioco che voleva essere però un senso di protezione”.  I retroscena, gli aneddoti ma anche la grande commozione. Qualche detenuto si è emozionato dopo aver visto il documentario. E sul valore del perdono: “Il dolore non va tenuto dentro altrimenti è come una prigione come quella che vivete voi. La violenza genera altra violenza e coltivare rabbia non fa bene, non è costruttivo. Il perdono non fa resuscitare i morti ma non può prescindere da un incontro e da una relazione. Deve avere contenuti, altrimenti è una cosa fine a se stessa. Mio padre – conclude Fiammetta Borsellino – diceva che la principale lotta alla mafia si fa con la cultura e non con le pistole”.

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