Nel suo discorso di ieri al Senato prima del voto di fiducia, Mario Draghi ha tra le altre cose elencato una serie di riforme che il suo Governo intende impostare con «un approccio sistematico e di metodo teso a far funzionare meglio gli ingranaggi dell’economia che la pandemia ha ulteriormente inceppato», ci spiega Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale.
Da che cosa si vede questo approccio sistematico?
Innanzitutto dal fatto che ha inquadrato i vari problemi del Paese in un contesto più ampio che li determina e da cui dipendono. Per esempio, ha giustamente rilevato che le politiche di bilancio non si possono formulare indipendentemente dalla riforma fiscale e che a sua volta quest’ultima non può essere concepita come un insieme di moduli componibili su cui intervenire di volta in volta, ma necessita di un intervento complessivo. Ha quindi mostrato una visione della situazione non solo da economista, ma introducendo anche elementi di economia politica, cioè su come realizzare gli obiettivi. In questo senso c’è da dire che l’agenda di Draghi, per come illustrata nel suo discorso, è assai modernizzante e ambiziosa, oltre che condivisibile. Presenta però un potenziale, eppur significativo limite.
Quale?
Quello della sua fattibilità politica, dal momento che il Governo si regge su un insieme di forze politiche eterogenee e tra loro alternative. Il Premier ne è ovviamente cosciente e cercherà, quindi, di introdurre quante più riforme possibili sotto l’egida del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Perché?
Perché in quest’ambito ha un margine maggiore di autonomia dai partiti e perché c’è una timeline molto cogente, con scadenze esogenamente imposte. Inoltre, l’elaborazione del Pnrr ha una forte dimensione tecnocratica in cui Draghi ha dimostrato di sapersi muovere molto bene.
In questo modo potrebbe anche utilizzare le risorse europee per finanziare queste importanti riforme?
Sì, il Pnrr fornisce risorse al Paese e prevede che i progetti vengano inseriti in un quadro di riforme complessive che ne garantiscano l’efficacia. Per esempio, è noto che per riuscire ad attrarre gli investimenti occorrerebbe una riforma della giustizia che garantisca all’investitore regole chiare e tempi accettabili per la risoluzione delle controversie. Per le infrastrutture, occorre una riforma complessiva del codice degli appalti. Draghi cercherà di agganciare le riforme che ha elencato al Pnrr per slegarle da una dimensione politica che nella prassi significherebbe un gioco di veti reciproci che probabilmente annullerebbe le possibilità di finalizzare le riforme stesse.
In questo senso Draghi ha anche detto che la governance del Pnrr sarà incardinata nel Mef, il cui titolare, Daniele Franco, non è un politico, ma anzi un tecnico di cui il Premier ha molta fiducia…
Non solo, ha poi anche spiegato che i ministeri competenti definiranno le politiche e i progetti di settore. È importante evidenziare che c’è stato un cambiamento importante rispetto alle scorse settimane, quando il tema della governance del Pnrr aveva creato una situazione di stallo per il precedente esecutivo: il Premier sembra voler riportare l’implementazione del Pnrr su un binario più squisitamente istituzionale, combinando la dimensione inter-ministeriale con quella tecnocratica, dal momento che alcuni ministeri chiave sono in mano a tecnici.
Draghi ha anche detto che “il Governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche”. Si cambierà dunque registro rispetto ai ristori finora erogati?
Bisognerà attendere elementi e indicazioni più precise in merito, ma credo che il Premier cercherà di rendere le decisioni sui ristori più strategiche e meno contingenti. Finora abbiamo assistito a un susseguirsi di decreti che hanno di volta in volta previsto indennizzi per categorie opportunamente individuate. Ritengo che Draghi cercherà di fornire i criteri, i principi di carattere generale che poi verranno declinati in aiuti concreti di volta in volta secondo le circostanze. Un po’ come fa una banca centrale, cercherà di consentire alle categorie produttive di sapere in anticipo come si comporterà il Governo dinanzi all’evolvere della situazione epidemiologica. Inoltre, appare chiaro che gradualmente gli interventi diverranno più selettivi.
Per questi ristori è difficile pensare che il Governo chieda nuovi scostamenti di bilancio. Potrebbe sfruttare il momento favorevole sui mercati del debito pubblico, vista anche la robusta domanda nell’asta di Btp di martedì?
Anche in questo caso attendiamo di valutare fin dai prossimi giorni i primi passi concreti dell’esecutivo. Sicuramente ci sarà molta più attenzione su come efficientare le risorse disponibili e, allo stesso tempo, si cercherà di uscire dall’emergenzialismo con provvedimenti più strategici. Come detto prima, però, il Premier dovrà anche confrontarsi con le forze politiche che lo sorreggono, che tra loro hanno visioni alternative, quando non dichiaratamente conflittuali.
Questo potrebbe incidere sulla percezione che i mercati hanno dell’Italia?
A oggi appare chiaro che i mercati stanno scommettendo su Draghi. Perché questa scommessa possa continuare nel tempo occorrerà mostrare dei risultati concreti. E in questo caso la discriminante non è rappresentata dal programma di Governo, ma dalla sua fattibilità politica. Inoltre, va evidenziato che con il Pnrr si gioca una partita importante relativa alla visione del sistema economico e sociale del Paese per i prossimi anni che inciderà sulla morfologia economica del nostro Paese e sugli equilibri sociali del futuro. Di questo le forze politiche sono ampiamente consapevoli e cercheranno perciò di imprimere i propri desiderata. Ciò rende il compito di Draghi ancora più difficile.
Da che punto di vista?
Il Pnrr non è solo la possibilità di utilizzare i famosi 209 miliardi in modo fruttuoso, ma implica una trasformazione strutturale della nostra economia e del nostro Paese nel suo complesso. Questo introduce un elemento di antagonismo tra i partiti che può sfociare in aperta conflittualità, come visto nelle settimane scorse, che Draghi sarà chiamato a mediare e auspicabilmente mitigare nelle sue manifestazioni più patologiche.
Nel suo discorso Draghi ha evidenziato in più di un passaggio l’importanza dell’Europa e della partecipazione dell’Italia al suo rafforzamento, anche con ulteriore cessione di sovranità. Questo può creare dei problemi?
Chiaramente più l’Italia sarà capace di realizzare gli obiettivi del Pnrr, più ne guadagnerà il suo rapporto con gli altri Paesi europei e, di conseguenza, la sua capacità di influenzare l’agenda europea. Anche in questo caso sarà importante misurare quanto la maggioranza sosterrà Draghi nell’implementazione del Pnrr. Maggioranza che probabilmente riuscirà a trovare un punto di equilibrio, vedremo quanto stabile, nello standing autorevole del Premier più che in una sintesi politica.
(Lorenzo Torrisi)
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