Giorgia Meloni ottiene alla Camera la fiducia con 235 voti favorevoli, 154 voti contrari e 5 astenuti. In mattinata aveva tenuto un discorso di 70 minuti, raccogliendo più di 70 applausi. Non si è nascosta le enormi difficoltà e i grandi problemi che dovrà affrontare (l’Italia “è una nave in tempesta”), ma ha promesso che ce la metterà tutta (“Non indietreggeremo, non getteremo la spugna, non tradiremo”). Vuole governare per i prossimi 5 anni e dare al Paese, con un cambio netto di passo rispetto al passato – dal fisco al Covid, dall’immigrazione al lavoro, dal semipresidenzialismo alla giustizia – “un futuro di maggiore libertà, giustizia, benessere e sicurezza”.
E sulla Ue: “Non vogliamo sabotarla, ma che sia più efficace”. Si ritiene un underdog della politica, ma ha tutta l’intenzione di “stravolgere i pronostici”. “Sono convinto che questa coalizione durerà – osserva Stefano Folli, editorialista di Repubblica – perché lei ha una forte leadership e le opposizioni sono completamente divise”.
Meloni punta forte sulla discontinuità rispetto all’anomalia degli ultimi 11 anni. C’è riuscita?
In parte sì, perché ha rivendicato i temi identitari della destra, la sua cultura, fino alla difesa dei giovani che furono uccisi dai gruppi di estrema sinistra negli anni di piombo. Su questo ci vuole un certo coraggio per parlarne davanti al Parlamento. E poi ha giustamente posto l’accento sulla novità del primo premier donna, fatto in sé quasi rivoluzionario per l’Italia. E’ lei la discontinuità. Su altri temi è stata, anche qui giustamente, più cauta, visto che stiamo vivendo una fase di difficoltà immane.
Per esempio, sull’Europa?
Sì. Se noi solo pensiamo alle sue polemiche contro la Ue o contro l’asse franco-tedesco, nel suo discorso non è emerso alcun riferimento a tutto questo. Il rapporto con Orban e con l’Europa dell’Est è stato completamente messo tra parentesi. E’ stata invece ineccepibile sull’Ucraina e sulla collocazione internazionale dell’Italia.
Politica energetica, politica europea e politica economica: quanto sarà “draghiano”, almeno nel metodo, questo governo?
Premesso che su questi temi in effetti la Meloni mi è sembrata in linea con il recente passato – basti pensare alla citazione di Cingolani, che rimarrà come consigliere del governo sui temi dell’energia -, oggi tutto quello che non è sconquasso è definito “draghiano”. L’impronta di Draghi c’è, eccome, e credo che sia interesse di questo governo avere un’ottima relazione con lui. Anche perché Draghi non è che da domani parte per Marte, a lui continueranno a fare riferimento tutta una serie di figure internazionali legate ai mercati finanziari. Non discostarsi dalla sua impostazione sui temi economici e finanziari sarà quindi molto importante.
Meloni ha delineato un “vaste programme” di destra?
Non mi sembra un “vaste programme”. Ha detto che non avremo le risorse per poter fare tutto ciò che vorremmo. Ha messo le mani avanti: se non ci sarà un accordo preciso in sede europea sul prezzo del gas, rischiamo di dover tirar fuori nell’arco di pochi mesi alcune decine di miliardi. Ha fatto bene a essere prudente.
Calenda dice che non è emersa nemmeno un’idea dell’Italia. E’ così?
No, non è esattamente così. Lei un’idea di paese ce l’ha e sul piano della sicurezza e dei diritti ha espresso le sue opinioni, che chiaramente non piacciono all’opposizione. Semmai non ha trasmesso fino in fondo un’idea dell’Occidente.
Perché?
La Meloni preferisce l’America di Trump a quella di Biden. Non l’ha detto, ma dall’impianto del suo discorso si capisce che i suoi interlocutori non sono quelli oggi al potere negli Stati Uniti e ha fatto molti richiami al pragmatismo, che mi sono piaciuti. Non a caso ha incontrato Macron dimostrando molto realismo e spirito pragmatico.
Sull’economia è stata chiara. La prima emergenza è il nodo energia, il caro bollette, il resto verrà dopo, in un secondo momento e in un’ottica di legislatura. Proprio sull’economia darà dimostrazione di pragmatismo? Avremo cioè una Legge di bilancio improntata solo su ciò che si può e si deve fare?
Sicuramente. Si muoverà con i piedi di piombo anche perché non avrà le risorse per realizzare cose rivoluzionarie. Prevale il realismo.
Dopo il discorso e il voto di fiducia, quanto esce rafforzata la coalizione di governo?
Sono convinto che questa coalizione durerà, perché lei ha una forte leadership e gli screzi di questi giorni sono piccole difficoltà congenite. Durerà almeno fino alle Europee del 2024, quando ci sarà una verifica importante. Poi, che sia in grado di coprire l’intera legislatura, è impossibile prevederlo. Di certo parte avendo una coalizione abbastanza forte e tenuta insieme anche dal fatto che non ci sono alternative. Senza la Meloni dove andrebbero Berlusconi e Salvini? Lei è in grado di impedire qualsiasi governo tecnico ed è in grado di determinare le elezioni anticipate qualora qualcuno degli alleati decida di farla cadere.
Meloni è riuscita a dividere ancora di più le opposizioni?
Non c’è dubbio, sono completamente divise. Non solo. Mi ha molto colpito il fatto che non abbiano saputo dire niente. Conte e il M5s parlano tanto, ma è pura demagogia; il Pd è piuttosto afono; solo Calenda ha saputo dire cose condivisibili.
“Non vogliamo perder tempo”, “Non arretreremo”, “Non tradiremo”, “Rovesceremo i pronostici”, “Farò ciò che devo”: sono alcune espressioni che la Meloni ha usato in Aula. E ha citato spesso parole come fare, opportunità, libertà, responsabilità. Che cosa ha voluto dire usando quel tono e quel linguaggio?
Non tradire e impegnarsi con la parola data sono espressioni che appartengono alla cultura di destra, e non lo dico in senso negativo. Credo che la Meloni abbia voluto parlare un linguaggio che può capire la gente comune. Non ha parlato in politichese, anche se non sono ovviamente mancati i passaggi tecnici, come è inevitabile. Quando parlava lei, lo ha fatto con un certo sentimento e con un linguaggio comprensibile per tutti. Ha voluto parlare ai cittadini, agli elettori, e non necessariamente solo ai suoi, più che ai parlamentari. E’ una novità interessante e potrebbe segnare l’inizio di una stagione politica nuova se la sinistra non saprà trovare un antidoto in tempi relativamente brevi.
(Marco Biscella)
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