Non c’è dubbio che la tutela dei diritti dei minori stia a cuore a tutti, senza nessuna discriminazione. Proprio per questo vorremmo che ogni bambino alla nascita fosse registrato con il suo nome e con il nome e cognome dei suoi genitori, non solo perché gli hanno dato la vita, ma anche perché in questo modo si assumono esplicitamente la responsabilità della sua crescita e della sua educazione.
È la situazione più frequente, quella che potremmo definire come la condizione naturale per tutti i bambini, anche se è facile immaginare come ci possano essere situazioni diverse, più o meno complesse. Quelle in cui uno dei due genitori non desidera apparire nel certificato di nascita del figlio e quelle in cui questo vuoto può essere successivamente colmato da un’altra figura di genitore adottivo. Ma che un bambino alla nascita sia dichiarato figlio di una determinata madre e di un determinato padre, entrambi al tempo stesso genitori biologici e genitori intenzionali, è uno dei fatti più antichi del mondo. Solo da pochissimi anni si sta cercando di scardinare questa verità elementare, pretendendo di dichiarare al momento della nascita che un bambino è figlio di due madri o di due padri; uno genitore biologico e l’altro genitore intenzionale.
In alternativa qualcuno pretende che sia dichiarato figlio di un genitore A e di un genitore B, senza altre precisazioni, in una forma di anonimato genitoriale, di cui l’anagrafe dovrebbe prendere atto senza sollevare obiezioni di sorta.
Un anno fa, su questa evidente incongruenza si sono scaricate polemiche di ogni tipo che hanno coinvolto i tribunali, anche sulla scia di una lettera inviata ai sindaci dal ministro Piantedosi. La sua lettera nei fatti ribadiva un fatto elementare, confermato da un’antica ed evidente tradizione, biologica e giuridica: i bambini nascono da una madre e da un padre. Molti sindaci, opponendosi alla legge allora in atto, alla realtà biologica, e alla richiesta del ministro, trascrissero all’anagrafe vari bambini nati da coppie omosessuali, come figli di entrambi i membri della coppia: due padri e due madri. Il caso riguardava tre famiglie milanesi che avevano fatto ricorso alla procreazione assistita all’estero e avevano ottenuto la trascrizione dei rispettivi figli, come figli di madre biologica e madre intenzionale. Sulla stessa scia, la procura di Padova aveva deciso di impugnare tutti e 33 gli atti di nascita di bambini riconosciuti come figli di coppie omosessuali.
La sezione famiglia della Corte d’Appello civile di Milano oggi ha accolto il ricorso della procura milanese, contro i decreti del Tribunale del giugno scorso, dichiarando illegittima la trascrizione della madre intenzionale negli atti di nascita dei figli delle tre coppie omogenitoriali femminili, che avevano fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita all’estero.
Di fatto, quindi, sull’atto di nascita viene riconosciuta la madre biologica, mentre la cosiddetta madre intenzionale, se vorrà essere riconosciuta come tale, dovrà fare ricorso all’adozione, la famosa stepchild adoption esplicitamente esclusa dalla legge sulle unioni civili. La nuova sentenza si applica anche alle famiglie composte da due uomini che ricorrono alla pratica dell’utero in affitto, attualmente esplicitamente esclusa dalla normativa italiana.
I giudici, dichiarando illegittime le iscrizioni sul registro degli atti di nascita della doppia maternità del bambino, hanno sostenuto che la questione richiede un nuovo intervento del legislatore. Servirebbe una nuova legge che tenesse conto dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nella PMA e consentisse il bilanciamento dei diritti di tutti, evitando situazioni di conflitto. In particolare, secondo i giudici, occorrerebbe garantire i diritti del nascituro, considerato come soggetto capace di diritti, nel suo essere e nel suo divenire.
L’attuale sentenza della Corte d’Appello civile di Milano fa una doppia importante dichiarazione. In primo luogo ribadisce un fatto di evidenza assoluta: ogni bambino ha una madre e un padre e solo in casi eccezionali un giudice può autorizzarne l’adozione da parte di una seconda figura genitoriale dello stesso sesso. In secondo luogo mette in evidenza, tra i diritti del nascituro, quello di essere considerato come soggetto capace di diritti nel suo essere e nel suo divenire, ossia ne riconosce implicitamente una sorta di statuto giuridico. Al nascituro, in altri termini, la Corte d’Appello civile di Milano riconosce il diritto di nascere e di vedere i suoi diritti posti sullo stesso piano di quelli dei suoi genitori, con un opportuno bilanciamento.
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