Non ci sono dubbi sul fatto che un bambino, una volta nato, comunque sia nato, in qualsiasi circostanza, abbia gli stessi diritti di tutti gli altri membri della sua famiglia legittima: lo afferma l’articolo 30 della nostra Costituzione e in questo modo, vale la pena ricordarlo, si afferma chiaramente che non sono in discussione i diritti dei bambini alla nascita.
Il certificato anagrafico con i dati relativi alla nascita del bambino descrive una situazione molto concreta: quando è nato, dove è nato e da chi, con un riferimento esplicito a sua madre e a suo padre. Sono loro che lo hanno concepito e che, dichiarandolo come proprio figlio, affermano contestualmente la loro disponibilità a farsene carico, educandolo, sempre secondo l’articolo 30 della nostra Costituzione.
Nel momento della registrazione anagrafica, alcuni problemi si pongono con le coppie omosessuali, in cui è evidente che almeno uno dei due genitori non ha partecipato al concepimento del bambino, anche se poi si dichiara pienamente disponibile a farsene carico sul piano affettivo ed educativo. Una condizione analoga, ma certamente non identica, a quella di un bambino di cui si dichiarano alla nascita i nomi del papà e della mamma.
La legge attuale considera questa diversità, senza volerla trasformare in discriminazione, ma semplicemente prendendo atto che si tratta di una realtà diversa, che va affrontata diversamente, senza che ciò ponga in discussione i diritti dei bambini.
La legge attuale
Secondo la legge in vigore, per i figli di due padri nati con la maternità surrogata all’estero si deve trascrivere in primo luogo solo il padre biologico e poi in casi particolari, con uno specifico procedimento davanti al Tribunale dei minori, si potrà trascrivere anche il secondo padre con un processo di adozione. Anche per i figli di due madri nati in Italia, grazie alla fecondazione eterologa fatta all’estero, vale il criterio dell’adozione e non della registrazione alla nascita. La Cassazione si è pronunciata 7 volte contro il riconoscimento alla nascita. Ma poiché i tribunali hanno dato risposte diverse e alcuni comuni hanno cominciato a fare i riconoscimenti alla nascita per via amministrativa, la Corte Costituzionale ha chiesto al legislatore di intervenire.
Il riconoscimento alla nascita è però fortemente richiesto dalle associazioni Lgbtqi+ perché è considerata una forma che tutela maggiormente i ragazzi. Per l’adozione spesso ci vogliono anni e richiede un giudizio sull’idoneità genitoriale.
Il caso di Milano
A Milano il sindaco Beppe Sala, fin dal giugno scorso, aveva autorizzato il rilascio di certificati anagrafici – alla nascita – ai bambini con genitori dello stesso sesso, facendo ricorso ai suoi poteri di capo dell’ufficio di stato civile e colmando, a suo dire, il vuoto legislativo sulle famiglie omogenitoriali lasciato da Parlamento e Governo. Sala si era giustificato affermando: “Quando gli altri non si muovono, devo sentire il dovere di fare la mia parte”.
Ma il prefetto di Milano, dopo la recente sentenza della Cassazione sulla maternità surrogata, ha bloccato questi certificati. Concretamente il blocco dei certificati alle coppie omosessuali parte dal recepimento della sentenza numero 38162 della Corte di Cassazione a sezioni unite del dicembre scorso. Nella sentenza in questione, i giudici hanno stabilito che i bambini nati all’estero con maternità surrogata devono essere riconosciuti in Italia come figli di entrambi i genitori con l’adozione in casi particolari, che richiede l’approvazione di un giudice, e non con la trascrizione diretta all’anagrafe. Serve una sentenza, non basta la trascrizione che è semplicemente un atto amministrativo.
Alla sentenza della Corte di Cassazione è seguita la circolare del ministero del 19 gennaio 2023, in cui si ricorda che la Cassazione ha indicato lo stop alle trascrizioni dei certificati dei figli di due padri nati all’estero con maternità surrogata. Il prefetto di Milano Renato Saccone però si è spinto oltre, chiedendo di interrompere anche i riconoscimenti dei figli di due madri nati in Italia e si riserva di dare indicazioni su quelli nati all’estero sempre da due donne.
Restano comunque validi i certificati emessi finora, ma d’ora in avanti non se ne potranno emettere altri e se il Comune dovesse continuare a rilasciarne, non sarebbero validi e l’intervento della Procura dovrebbe provvedere ad annullarli.
Il blocco delle trascrizioni anagrafiche per i figli delle coppie omosessuali ha sollevato numerose proteste nell’ambito del Comune di Milano, e la maggioranza ha inviato una esplicita richiesta a legiferare in tal senso al Parlamento e al Governo, sulla base del principio di solidarietà. Il Senato però ha respinto questa richiesta.
Il sindaco Sala ha ribadito che, a suo avviso, è un evidente passo indietro dal punto di vista politico e sociale, e ha poi affermato che “dovrebbe essere il legislatore a consentire con una legge la registrazione del figlio di coppia dello stesso sesso, come avviene in altri Paesi anche europei, ad esempio in Spagna e Danimarca, a prescindere dal più oneroso e ad oggi davvero travagliato procedimento dell’adozione in casi particolari”.
Ma il sindaco ha aggiunto anche che “la registrazione non dipende solo dalla volontà politica, è un atto che ha a che fare, logicamente, con l’apparato amministrativo del Comune e dopo la presa di posizione della Procura, non posso esporre un funzionario comunale a rischi personali di natura giudiziaria”. Il primo cittadino si è poi impegnato, “da oggi, ancora più di prima”, a portare avanti politicamente questa battaglia e a “seguire con la massima attenzione ogni sviluppo, normativo e giudiziario di questa complessa vicenda”, dicendosi pronto “a cogliere ogni opportunità concreta affinché continui il cammino di riconoscimento dei diritti di tutte e tutti e affinché Milano ne sia sempre protagonista”.
In conclusione
Sala, pur contrario alla posizione assunta dalla Cassazione e ribadita da Governo e Parlamento, si schiera dalla parte della legge, ma chiede di cambiare la legge. Ne fa un impegno politico personale, assunto con grande determinazione, ritenendo in questo modo di rendere Milano la città protagonista della battaglia per il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali.
Nel rispetto della legge però si possono assumere legittimamente anche posizioni diverse, in cui i diritti dei minori vengano comunque garantiti, senza ignorare la diversità tra le posizioni prese in esame. Si possono e si debbono riconoscere alle coppie omosessuali una serie di diritti, senza che questo debba portare a negare quelle diversità che appaiono comunque evidenti. Riconoscere la diversità non vuol dire discriminare, ma solo prendere atto della realtà con le sue caratteristiche peculiari; occorre imparare a descrivere realtà diverse in modo diverso, senza che nessuno si senta offeso o, per l’appunto, discriminato. La solidarietà va esercitata nei confronti dei bambini, tutti, perché i loro diritti siano sempre tutelati, ma questo senza negare una realtà concreta come quella in cui in ogni caso vivono giorno per giorno.
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