Se il clima politico lo consentisse oggi potremmo accantonare uno dei temi più divisivi degli ultimi anni, a tal punto che su di esso, ormai diventato identitario per entrambe le parti, si possono distinguere e identificare centro-destra e centro-sinistra: come vanno registrati all’anagrafe i bambini che nascono nell’ambito delle coppie omosessuali. L’evento che oggi contribuisce a fare chiarezza in questo problema, così dolorosamente vissuto dalle stesse coppie omosessuali, è la recente sentenza della Corte europea dei diritti umani, la Cedu, che ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro l’Italia delle coppie dello stesso sesso, che chiedevano di condannare il nostro Paese perché non permette di trascrivere all’anagrafe gli atti di nascita, legalmente riconosciuti all’estero, per bambini nati tramite la maternità surrogata.



La Corte ha spiegato le ragioni della sua decisione, affermando: “Il desiderio delle coppie di veder riconosciuto un legame tra i bambini e i loro genitori intenzionali non si è scontrato con un’impossibilità generale e assoluta, dal momento che avevano a disposizione l’opzione dell’adozione e non l’avevano utilizzata”. La Cedu è considerata il foro di riferimento in materia di protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per cui le sue sentenze meritano una lettura particolarmente attenta, anche in questo caso, almeno per tre ragioni.



Prima di tutto non si parla di genitori biologici e quindi non fa distinzione tra chi lo è e chi non lo è, ma si mette l’accento sul genitore intenzionale, ossia su chi desidera svolgere un ruolo genitoriale nei confronti del minore, assumendosi tutte le responsabilità del caso.

Il secondo punto importante è il riferimento all’adozione, come scelta possibile che non è stata presa in considerazione dai cosiddetti genitori intenzionali, per cui hanno scartato intenzionalmente una possibile linea di soluzione, scegliendo di eludere la legge attuale.

Il terzo punto mette in evidenza l’aspetto ideologico della presa di posizione delle coppie ricorrenti, sottolineando come la mancata adozione di fatto ha trasformato una difficoltà, un iter più complesso, facendolo apparire come un’impossibilità generale e assoluta. Una strategia volta più a mettere in difficoltà il Governo, e tutto l’insieme delle norme predisposte, che non a tutelare i diritti dei bambini.



La trascrizione anagrafica degli atti di nascita di bambini nati da coppie omosessuali, infatti, per la maggioranza degli esponenti del centro-sinistra va fatta in modo automatico, come atto dovuto, derivato da un diritto del bambino, in nome del suo bene superiore. Mentre per la stragrande maggioranza degli esponenti del centro-destra, invece, questa prassi va contro la legge e contro quanto è stato recentemente ribadito sia da una circolare del ministro Piantedosi, sia da una sentenza della Cassazione. Secondo l’attuale normativa la differenza nella registrazione degli atti di nascita dei bambini nati da coppie eterosessuali e da coppie omosessuali non significa avallare nessuna forma di discriminazione. Significa però sottolineare che la trascrizione non è un atto dovuto e non mette in discussione i diritti dei bambini, perché il loro bene supremo viene comunque garantito.

Dice infatti a recente sentenza della Cedu: “Il rispetto per la vita privata del bambino richiede che il diritto nazionale offra il riconoscimento legale di una relazione genitore-figlio tra il bambino stesso e il genitore ‘intenzionale’ anche se non legato a lui geneticamente”. Per sostenere la sua posizione, invariata sin dal 2014, la Corte indica che in questi casi quello che deve prevalere è “l’interesse superiore del bambino che comprende, tra l’altro, l’identificazione nella legge delle persone responsabili di crescerlo, di provvedere ai suoi bisogni e di assicurare il suo benessere, così come la possibilità di vivere e svilupparsi in un ambiente stabile”. I giudici di Strasburgo ritengono infine che “l’interesse del bambino non può dipendere esclusivamente dall’orientamento sessuale dei genitori”.

In questo nuovo ed esplicito riaffermarsi della posizione della Cedu è intervenuta anche la ministra della Famiglia, che ha detto con chiarezza: “Secondo la corte di Strasburgo, il rapporto dei bambini con il partner del genitore biologico avrebbe potuto essere pienamente garantito dalle regole italiane sull’adozione, ed è responsabilità delle coppie non avervi fatto ricorso. È quello che diciamo da tempo, soprattutto dopo le recenti sentenze della Cassazione e della Corte costituzionale in materia, eppure abbiamo dovuto subire molti attacchi e soprattutto ascoltare tante bugie sulla pelle dei bambini. Tutti i bambini in Italia hanno tutti i diritti, come sanno bene le mamme single e come oggi ancora una volta è stato riconosciuto in Europa”.

E poi ha aggiunto in modo chiaro ed inequivocabile: “Dovremo pensare a una soluzione legale per i bambini nati fin qui. Dovremo pensare a una sorta di sanatoria, una volta che ci sarà la nuova legge per la perseguibilità dell’utero in affitto, anche per chi lo fa all’estero, visto che in Italia è già vietato, per fortuna. Penso che sia utile introdurre una soluzione legale che non sia un modo di aggirare le leggi per i bambini nati fin qui”. Concludendo: “Dopo la sentenza di oggi le bugie avranno fine?” Ed è questo il vero auspicio per tutti coloro che hanno realmente a cuore il supremo interesse dei bambini.

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