I figlie di due mamme che hanno compiuto la fecondazione eterologa all’estero devono vedersi riconosciuti diritti e tutelati con una legge immediata dal Legislatore: è questo il senso dell’importante sentenza giunta oggi 9 marzo dalla Corte Costituzionale. Secondo la sentenza n.32 della Consulta depositata dalla redattrice Silvana Sciarra è «indifferibile una legge per garantire ai nati da fecondazione eterologa praticata da due donne all’estero pieni diritti alla cura, all’educazione, all’istruzione, alla stabilità dei rapporti affettivi».



Come scrivono i giudici della Consulta, «Il grave vuoto di tutela dell’interesse del minore, nato da fecondazione eterologa praticata all’estero da due donne il cui rapporto, dopo anni, è diventato conflittuale, non sarà più tollerabile se si protrarrà l’inerzia del legislatore». Per questo motivo d’ora in poi lo Stato dovrà prendersi carico dell’indicazione della Corte per formulare una legge in “tutela” dei figli di madri lesbiche– e, conseguentemente anche della stesse mamme – senza più rimandare il tema.



ETEROLOGA, LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CONSULTA

Il caso nasce dal ricorso posto dal Tribunale di Padova presso la Consulta proprio per denunciare il vuoto di tutela, dato che le norme citate «non consentono ai nati da un progetto condiviso di PMA, praticata all’estero da due donne, l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla madre intenzionale, quando non vi siano le condizioni per procedere all’”adozione in casi particolari” e sia accertato giudizialmente l’interesse del minore». A seguito di una situazione conflittuale creatasi nella coppia di Padova dopo anni di convivenza, alla madre delle due bambine nate da fecondazione etereloga all’estero (ricordiamo che in Italia resta vietata per coppie dello stesso sesso, ndr) era stato precluso l’esercizio della responsabilità genitoriale, nonostante i tentativi di ristabilire il normale rapporto affettivo con le stesse figlie.



Nelle motivazioni della sentenza si fa riferimento a diverse precedenti decisioni della Corte Costituzionale tutte unite ad una migliore e costante attenzione per il minore anche nato da PMA: «valorizzazione della genitorialità sociale, se non coincidente con quella biologica, poiché il dato genetico non è requisito imprescindibile della famiglia». Secondo i giudici della Consulta, l’identità dei figli finisce con l’essere «incisa quale componente della sua vita privata, se non si stabilisce un legame affettivo stabile, rafforzato dalla filiazione». Da ultimo, la sentenza del 9 marzo inquadra anche gli ambiti entro cui potrebbe svolgersi l’intervento dello Stato per una legge di tutela adeguata: «dalla riscrittura delle previsioni sullo status filiationis, a una nuova tipologia di adozione che garantisca tempestivamente la pienezza dei diritti dei nati»