«Finiti gli studi i figli devono obbligatoriamente trovarsi un lavoro e mantenersi»: fa discutere la sentenza della Cassazione su un caso nel Grossetano in cui una madre contestava la decisione della Corte d’Appello con la quale si revocava l’assegno di mantenimento versato per anni dall’ex marito al figlio trentenne. Come riporta il Corriere della Sera, il giovane è un maestro di musica precario con stipendio annuo vicino ai 20mila euro: ebbene, la sentenza della Corte di Cassazione ha revocato non solo l’assegno di mantenimento – confermando il dato della Corte d’Appello – ma ha anche revocato l’assegnazione della casa coniugale. In attesa delle motivazioni che usciranno nelle prossime settimane, la “linea” degli ermellini è abbastanza netta e fa discutere: l’assegno di mantenimento non deve avere una funzione di assistenzialismo ma deve servire per una maggiore responsabilizzazione dei ragazzi. Subito la sentenza della Corte è stata ribattezzata “anti-bamboccioni” per il suo carattere “responsabilizzante” i giovani, in particolare laddove si finiscono gli studi dell’obbligo e l’università.
LA SENTENZA “ANTI” BAMBOCCIONI
La sentenza riporta nel dettaglio come finiti gli studi (tanto quelli dell’obbligo quanto quelli della laurea specialistica), un figlio ha «il dovere di rendersi autonomo dai propri genitori e cercarsi un’occupazione in grado di mantenerlo»: un figlio infatti non può «pretendere che a qualsiasi lavoro si adatti soltanto, in vece sua, il genitore». La Cassazione, oltre che normare un caso specifico sorto in contrasto tra il tribunale e la madre del “bamboccione” (che comunque resta un insegnante precario, non esattamente un nullatenente disoccupato, ndr) compie una mini-rivoluzione culturale nel rapporto genitori-figli negli anni ’20 del secondo millennio: «spettava al trentenne ridurre le proprie ambizioni adolescenziali» e fare dunque i conti con la realtà dei fatti. Un giudizio molto duro quello degli ermellini che non potrà non avere conseguenze nel dibattito culturale, sociale e politico dei prossimi anni: come sottolinea oggi La Stampa ancora più duramente nell’editoriale di Caterina Soffici, «prima i figli potevano rimanere nel limbo dell’eterna finta giovinezza in attesa del lavoro dei sogni», ora però «il lavoro non arriva perché te lo trova Maria De Filippi. Per diventare Uomini e Donne veri, non quelli al silicone dei social, è necessario faticare, sacrificarsi e impegnarsi».