“Chi vuole bene davvero alla montagna non deve andarci”. Carina. Lei è un’arrampicatrice (forse poco sociale) e guida alpina, Federica Mingolla, guida alpina, una valdostana che in montagna ci va invece tutti i giorni. Vuol dire che non la ama? Macché, la sua è una provocazione (trasmessa a Vanity Fair) per sottolineare la fragilità delle terre alte, il pericolo dell’overtourism, perfino i danni che possono derivare da eventi di cartello, come le gare di sci.
L’intemerata è arrivata l’altro giorno, in occasione della Giornata internazionale della montagna, istituita dal 2003 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ogni 11 dicembre. Quest’anno, per celebrare la Giornata, la Fao ha scelto il tema “Ripristinare gli ecosistemi montani”, con l’intento di includere le montagne nell’iniziativa del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi 2021-2030, sensibilizzando la popolazione sull’importanza dello sviluppo e della preservazione dei territori montani, intesi come sistemi economici, sociali, culturali e identitari unici. Su una superficie di 302.073 chilometri quadrati, l’Italia è caratterizzata per il 35% da territorio montano: è quindi fondamentale far convergere il sostegno politico, la ricerca scientifica e le risorse finanziarie verso l’obiettivo della prevenzione dell’ulteriore degrado e del ripristino degli ecosistemi montani.
Al di là delle provocazioni della guida alpina, la Giornata è servita a ribadire le priorità individuate dall’Uncem (Unione Comuni e Comunità Montane): contrasto all’abbandono e allo spopolamento, riorganizzazione dei servizi, costruzione di strategie di sviluppo sostenibile, relazioni istituzionali chiare ed efficaci, gestione forestale, riduzione del digital divide, introduzione di una fiscalità pubblica e privata più equa, valorizzazione delle filiere agricole e turistiche, innovazione per rigenerare i borghi.
Il primo punto, il contrasto allo spopolamento, è fondamentale per garantire l’economia delle terre alte, la loro manutenzione, la loro stessa sostenibilità. E il migliore antidoto contro l’abbandono, oggi, è la filiera turistica, che unisce la ricettività, i servizi, l’impiantistica, le forniture, l’occupazione degli addetti. Secondo un rapporto della società di ricerche sul turismo JFC, si registra da qualche anno un sensibile aumento dell’interesse dei turisti verso le destinazioni montane, apprezzate perché più rilassanti e green della classica vacanza al mare o del viaggio esotico, soprattutto per chi ha bambini, ma anche dai giovani. Per non parlare dello sci, uno degli sport più diffusi in Italia. “Quest’anno si assiste ad una forte ripresa del turismo invernale che vale tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera – sostiene Coldiretti, nel ventennale della Giornata -. Il turismo interessa non solo le piste da sci ma per l’intero indotto delle vacanze in montagna, dall’attività dei rifugi alle malghe fino agli agriturismi. E proprio dal lavoro di fine anno dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole, con le attività di allevamento e coltivazione che svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio”.
“Il futuro della montagna deve inserirsi in una prospettiva di sviluppo economico delle valli, perché il turismo, rivelando una destinazione, deve creare valore condiviso e sostenere l’attività economica e l’occupazione. La nostra missione è creare un turismo sostenibile che benefici i territori mobilitando le energie e le risorse della filiera della montagna. Ma insisto sulla mobilitazione collettiva, indispensabile per rendere possibile questo promettente futuro della montagna. Voglio ricordare questa bella citazione della saggezza popolare: la montagna offre all’uomo tutto ciò che la società moderna ha dimenticato di dargli”. Sono parole di Henri Giscard d’Estaing, ad e presidente del Club Med, riportate dal volume “Il turismo di montagna, sfide e opportunità di un settore in trasformazione”, voluto da Fondazione Sussidiarietà, TH Group, Cdp e Scuola italiana di ospitalità. Una ricerca che propone anche l’opinione di Magda Antonioli Corigliano, docente di Macroeconomia ed Economia del Turismo all’Università Bocconi: “Il turismo ha rappresentato – e continua a rappresentare – per molte località delle Alpi un’attività economica fondamentale, in grado di evitarne, almeno in parte, lo spopolamento, di garantire alla comunità residente possibilità di lavoro e di reddito, nonché di permettere la realizzazione di investimenti sul territorio, tanto in termini di infrastrutture, quanto di servizi, che, altrimenti, difficilmente sarebbero presenti”.
Insomma, oltre alla più emotivamente stendibile vernice green e ambientalistica, la Giornata della montagna forse rischia di trascurare il motore indispensabile alla montagna per andare avanti: il turismo. Se è vero – come dicono tutti – che la montagna non è periferia, ma centro, e che deve essere quindi considerata dall’agenda politica nazionale, è altrettanto vero che proprio il turismo dovrebbe essere adeguatamente sostenuto, specialmente nelle terre alte.
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