Diminuzione delle emissioni di gas a effetto serra. Promozione dell’efficienza energetica e di tecnologie innovative a basse emissioni di CO2. E la lista potrebbe continuare. La riduzione dell’impatto ambientale pone tutti gli attori della filiera agroalimentare di fronte a sfide cui non è semplice rispondere. Obiettivi ambiziosi la cui realizzazione non può prescindere dal sostegno delle autorità europee e nazionali, chiamate a disegnare misure agevolative in grado di supportare realmente gli investimenti necessari.
Parte da qui l’appello lanciato durante l’evento organizzato da Federalimentare, Confagricoltura ed Enea nella cornice di Ecomondo, la fiera di riferimento in Europa dedicata alla transizione ecologica e ai nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa.
“L’industria alimentare italiana ha fatto moltissimo negli ultimi anni sulla via della sostenibilità in relazione alle caratteristiche nutrizionali e sul versante ambientale – dice Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare -. Abbiamo riformulato oltre 4.000 prodotti, riporzionandone oltre 3.500, riducendone così quantità unitaria e densità energetica. Non solo: abbiamo diminuito del 30% in 20 anni i consumi di energia, dimezzato in 30 anni l’utilizzo di acqua, ridotto del 40% in 10 anni l’uso dei materiali da imballaggio e aumentato le pratiche di recupero e riciclo”. E l’elenco dei traguardi raggiunti non finisce qui. “Secondo i dati resi noti dalla Commissione europea – rileva il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – negli ultimi anni sono stati ridotti il ricorso alla chimica nei processi di produzione e l’emissione di gas a effetto serra (meno 25% dal 1990), senza però tagliare le produzioni”.
Davanti a questa virtuosa pagella, però, le istituzioni non sembrano avere dato risposte adeguate alle filiera agroalimentare. “Siamo tra i protagonisti di questa transizione energetica – lamenta Vacondio -, eppure, a livello comunitario ci sentiamo spesso trattati più come destinatari delle misure che vengono prese che veri attori del cambiamento. Vorremmo dunque che i decisori politici, a livello comunitario, riconoscessero in qualche modo il percorso fatto dall’industria. Per il futuro, allora, auspichiamo che i maggiori sforzi richiesti all’industria nel suo complesso siano accompagnati da un piano straordinario di investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, scongiurando provvedimenti punitivi come divieti e tassazioni ad hoc”.
Un punto, quest’ultimo, nevralgico per l’intero sistema. “Siamo consapevoli che dobbiamo accrescere il nostro contributo alla transizione ecologica – aggiunge Giansanti -, ma non servono i divieti. La strada da seguire è quella delle innovazioni e degli investimenti. La transizione ecologica dovrà essere sostenuta da soluzioni innovative sui diversi comparti, al fine di mantenere la competitività del settore e rispondere alle esigenze messe in evidenza dall’emergenza Covid: garantire l’approvvigionamento di prodotti agricoli, sempre più di qualità e a prezzi contenuti”.
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