Filippo Bisciglia, ospite a Verissimo, ha parlato della malattia di cui ha sofferto da bambino, il morbo di Perthes. È una rara condizione infantile che colpisce l’anca, per cui l’apporto di sangue alla testa del femore è temporaneamente interrotto e per questo motivo le cellule ossee muoiono con un processo chiamato necrosi avascolare.



“Per due anni sono stato costretto a rimanere fermo, non potevo camminare. All’epoca per questa malattia non ci si operava, per cui rischiavo di rimanere zoppo. La mia fortuna è che ho incontrato il dottor Milella, un ortopedico che mi propose una cura sperimentale che prevedeva proprio di rimanere immobilizzato”, ha raccontato. Al suo fianco in quei momenti difficili c’è sempre stata la famiglia. “I miei genitori lavoravano molto, io vivevo quasi sempre coi nonni. Mio nonno mi costruì una carriola di legno con le rotelle con cui mi portavano in giro per casa, tirandomi con la cordicella. Io non ho nessun ricordo. Mia mamma ha buttato tutte le foto di quel periodo. Una volta ne trovai una e avevo la maglia della Roma, ma io sono della Lazio. Ho buttato anche quella. Chiesi a papà come fosse possibile, mi disse che quella giallorossa non l’aveva trovata”.



Filippo Bisciglia: “Morbo di Perthes mi ha reso forte”. La malattia

La battaglia contro il morbo di Perthes ha profondamente segnato l’infanzia di Filippo Bisciglia. “Io in quel periodo vedevo gli altri bambini correre, mentre io dovevo stare fermo. È un qualcosa che mi porto tuttora dento, mi ha dato molta forza e la sto usando anche adesso. Il mio obiettivo è fare sempre bene. Provo sempre a dare il massimo”, ha ammesso.

Anche da bambino avrebbe voluto essere tra i migliori, soprattutto a livello sportivo, ma per diverso tempo è stato costretto a rinunciare alle sue passioni. “Da piccolino avrei voluto giocare a calcio ma non potevo, perché a causa della malattia all’anca non potevo calciare. Iniziai quindi a giocare a tennis ed è tuttora il mio hobby preferito. Non perdevo una partita. Avevo una grande voglia di vincere, di dimostrare che ce l’avevo fatta. Sono stato primo nel Lazio tra i giocatori Under 12 e il secondo tra quelli Under 14”, ha raccontato.