Filippo Cosentino è da considerarsi uno dei più interessanti chitarristi italiani. Di recente ha pubblicato Baritune (Incipit Egea Musica) nel quale si cimenta con la chitarra baritona, strumento di indubbio fascino. La scelta di strade non ovvie e il conseguente rigore artistico hanno contribuito a creare uno stile personale e in continua evoluzione consentendogli, in ogni lavoro, di apporre il suo timbro di originalità, accompagnato di pari passo alla crescita strumentale sullo strumento (elettrica, classica, baritona).



Il nuovo Leave the thorn, take the rose… appena pubblicato per la giapponese  Da Vinci Classics lo vede cimentarsi con il repertorio barocco accompagnato da Carlo Chirio (basso elettrico), Lorenzo Arese (batteria), Giuseppe Notabella (tromba) Filippo Ansaldi (sassofono contralto) e Giovanni Forti (tuba).

Cosentino fa notare come “il barocco è un periodo storico che ha insegnato a guardare sempre al futuro e al tempo stesso a recuperare le tradizioni musicali popolari”. Indovinata la scelta di filtrare e riproporre brani, anche complessi, mediandoli con linguaggi apparentemente lontani tra loro come il jazz, il  flamenco e il tango. Ecco susseguirsi la“Sarabanda Bwv 995” di J.S.Bach (riarrangiata quasi fosse un Calipso), la “Ciaccona in Fa minore” (Pachelbel) vestita di flamenco che diventa  “El baile de las hadas”, aperta da un arrangiamento originale che fa da preludio al potente il tema principale.“Lascia la spina, cogli la rosa” di Handel, scritta per l’oratorio “Il trionfo del tempo e del disinganno” nel 1707.



Nella “Siciliana” di Pergolesi i ritmi e le melodie della Sicilia barocca assumono i colori del tango.  La “Sarabande Bwv 552” di Bach è riproposta da Cosentino in un dialogo a due, fra la chitarra jazz e la tromba. In “Joy” si riconosce il tema della cantata “Jesus bleibet meine freude” di Bach, Uno spazio particolare è riservato a Claudio Monteverdi: due le versioni del famoso “Lamento di Arianna” nelle quali Cosentino rielabora il tetracordo che li caratterizza. Molto intrigante l’adattamento del tema principale scritto per chitarra e fiati, nel quale il chitarrista inserisce il suo assolo utilizzando il tapping, tecnica insolita per il jazz.



Il brano “Nina” è l’adattamento in chiave jazz della più nota Aria tratta dall’opera buffa “Gli tre cicisbei ridicoli. Tre giorni son che Nina”, recentemente attribuita a Vincenzo Legrenzio Ciampi, compositore piacentino.

Un album interessante, per certi versi coraggioso, che segna la crescita esponenziale del chitarrista piemontese, non a caso, spesso impegnato in concerti nel nostro continente e anche in Asia, dove si è più volte recato in tour.