Un anno di guerra in Ucraina, un anno di sofferenze per il popolo ucraino. Riflettori accesi sul flusso di profughi, Filippo Grandi dell’Unhcr ha spiegato ai microfoni dell’Avvenire che negli ultimi mesi non è stato registrato un esodo comparabile a quello dell’alba del conflitto: “Continuano ad esserci dei movimenti, ma non così massicci. E forse anche per questo c’è stato un calo di visibilità. Le persone che hanno raggiunto i Paesi europei continuano a essere accolte, in modo efficiente e razionale. In generale direi che il bilancio di un anno di “protezione temporanea” è positivo e dimostra che si può avere un approccio condiviso ed efficace nell’accogliere”.
Secondo le ricerche dell’Unhcr, ha proseguito Filippo Grandi, l’80 per cento del totale degli ucraini in Europa desidera tornare a casa, anche se aspettano che la situazione migliori: “A tal punto che quando insistiamo perché i bambini ucraini ospitati in Europa siano incentivati dalle famiglie a frequentare le scuole del posto, incontriamo qualche comprensibile esitazione perché si ha come il timore di distaccarsi dalle proprie radici. Perciò ho chiesto al governo ucraino di aiutarci nel persuadere le famiglie di profughi a non rinunciare a questa opportunità, che non pregiudica in alcun modo la possibilità di rientrare quando sarà possibile”.
Filippo Grandi sulla situazione in Ucraina
Filippo Grandi ha spiegato di essere rimasto colpito dalla società civile ucraina e dalla sua resilienza, in grado di sostenere le proprie comunità. Il capo dell’Unhcr si è inoltre detto colpito dalla forza d’animo fuori dal comune di Kiev, legato al senso di unità causato dalla guerra ma non solo: “Lo sforzo che si sta facendo per combattere la corruzione. Anche questo è difficile e richiede supporto internazionale ma è cruciale, soprattutto pensando alla ricostruzione futura”. Filippo Grandi si è poi soffermato sull’approccio dei Paesi europei: “Per la prima volta da molti anni vediamo il tema della migrazione e dei rifugiati nell’agenda del Consiglio Europeo. Ma si procede a passi lentissimi.
Abbiamo osservato come il modello della “protezione temporanea” stia funzionando, dimostrando che ci sono sfide che si possono e si devono affrontare insieme condividendo le responsabilità. Certo non può farlo l’Italia da sola o la Germania, ma in generale il mio giudizio è in sospeso: ancora non ci siamo sul sistema di solidarietà nella redistribuzione, non ci siamo sui rimpatri e sui soccorsi in mare. Il governo italiano mostra di voler sostenere gli aiuti all’Africa, però poi bisogna essere conseguenti con scelte adeguate”.