Solo poche settimane ai Giochi olimpici di Tokyo, e i riflettori sono tutti puntati su Filippo Tortu, primo italiano a scendere sotto il muro dei 10 secondi nei 100 metri piani, che pure ancora deve staccare il biglietto che vale l’appuntamento a cinque cerchi nipponico. Il velocista azzurro sta lavorando sodo per prendere parte alla delegazione che tra poco volerà in Giappone (anche se pochi giorni fa a Madrid non ha brillato, segnando solo il 10”27) e certo i suoi sforzi sono tutti concentrati verso la qualificazione. L’obbiettivo, come è racontato in una lunga intervista esclusiva concessa a GQ, è chiaro: “L’obiettivo è disputare due finali. Quella dei 100 metri e la staffetta 4×100. La delusione per aver mancato Rio 2016 mi brucia ancora”. Lo ricordiamo bene: nel maggio del 2016 ottenne a Savona il primato italiano Juniores per i 100m (ancora imbattuto), e poco dopo Tortu ottenne il 10”19 agli Europei di Amsterdam, un risultato eccezionale ma non sufficiente per qualificarsi a Rio de Janeiro, con gran dispiacere di tutti gli appassionati. 4 anni, anzi 5 anni dopo è però tempo di riscatto per il velocista italiano.
FILIPPO TORTU: “I 100 LA MIA GARA E GLI ULTIMI 70 METRI..”
Nella lunga intervista concessa a GQ, Filippo Tortu però non parla solo dei prossimi obiettivi, ma anche della sua passione per lo sport e per l’atletica, come è nata, e chiaramente del suo percorso. A proposito di prove preferite l’azzurro afferma: “I centro metri sono la mia gara. È quella dove mi sento davvero a mio agio. I momenti più belli durante la corsa sono dopo i 70 metri. Mi sento davvero libero. E poi la curva dei 200 metri. È bellissima. Però gli ultimi 50 metri fatico tantissimo. Mi arriva come uno sparo addosso”. E ancora parlando dell’amore verso la corsa, Tortu aggiunge: “La sensazione che più mi dà sollievo è quando riesco a fare qualcosa di difficile e molto veloce in maniera naturale. Quando riesco a fare tutto giusto, mi diverto e mi riesce facile”. il velocista poi spiega ancora: “Mi sento come un cavallo. Stare tanto alto con il bacino, lontano da terra, usare i piedi e correre come piace a me. Mi ripeto in continuazione, come un mantra, anche 200 volte prima della gara: piedi, ginocchia e bacino. Deve diventare un automatismo, puro istinto. In gara non puoi pensare. Sarebbe la fine..”