A tre giorni dall’inizio del processo a Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia Cecchettin, Quarto Grado ha trasmesso in esclusiva alcuni stralci del lungo interrogatorio in cui ha ricostruito le fasi del delitto. La novità è rappresentata dalle immagini, perché appunto il giovane è ripreso. Il conduttore Gianluigi Nuzzi lo ha definito un «documento delicato e sconvolgente» che fornisce una «ricostruzione drammatica» del femminicidio. «Sono responsabile» e «sono colpevole» sono le prime parole quando gli viene chiesto se si riconosce responsabile dell’omicidio della ragazza. Il racconto trasmesso dal programma di Rete 4 è diviso in tre parti.



LA LITE CON GIULIA CECCHETTIN

Nella prima spiega cos’è successo prima del delitto: «Stavamo tornando a casa, a casa sua. Era ancora presto e non volevamo salutarci ancora. Ci siamo fermati lì, nel parcheggio. Eravamo in macchina, stavamo parlando». La lite sarebbe partita da un regalo, un peluche. «Lei si è rifiutata di prenderlo, la cosa mi dava anche parecchio fastidio, io magari continuavo ad insistere per darglielo. Abbiamo iniziato a discutere». Lui ha capito che doveva smettere di farle regali, riconoscendo che era «ancora troppo dipendente, troppo attaccato, troppo appiccicoso con lei».



Lei dal canto suo stava conoscendo un altro ragazzo. «Io ovviamente le urlavo che non era giusto, avevo bisogno vitale di lei, del nostro rapporto», spiega Filippo Turetta. Ma Giulia Cecchettin non voleva saperne più nulla di lui. «Mi aveva promesso che non sarebbe mai tornata insieme a me, in qualsiasi caso, stavo male, pensavo di suicidarmi. Ha detto: “Sei matto, fan*ulo, lasciami in pace”». A quel punto la ragazza è uscita dalla macchina…

L’AGGRESSIONE DI FILIPPO TURETTA

Il racconto di Filippo Turetta prosegue col racconto dell’aggressione: Giulia Cecchettin esce dall’auto, lui la insegue, ma armato. «Prima di uscire ho preso anche un coltello e sono uscito di corsa». L’afferra, la minaccia e l’accoltella sul braccio, il coltello si rompe e la ragazza finisce a terra. «Ho provato ad alzarla e lei si opponeva, ha sbattuto la testa per terra». Gli viene chiesto se abbia sbattuto da sola la testa, ma lui precisa: «Le ho dato due, non so, un paio di scossoni. Volevo che tornasse in macchina, l’ho spinta di forza sui sedili dietro e sono partito immediatamente, non sapevo dove andare, ho girato la zona industriale di Fossò».



Ma la ragazza riesce a sollevarsi e a urlare. «Io ho rallentato quasi a fermarmi in mezzo alla strada. Poi ha iniziato a dirmi: “Cosa stai facendo? Sei pazzo! Lasciami andare”». L’ex fidanzato prova a tapparle la bocca con un pezzo di scotch, a tenerla ferma con un braccio, ma lei riesce a togliersi lo scotch e a uscire dall’auto, provando a scappare.

“NON RICORDO QUANTE COLTELLATE LE HO DATO”

Prende un altro coltello dal sedile del passeggero e la raggiunge: «Ero sempre più vicino a lei e non so se l’abbia un po’ spinta o se lei sia inciampiata correndo, lei è caduta. Mi ero abbassato sopra di lei, continuava a urlare, ho iniziato a colpirla col coltello e le ho dato, non so… una decina, 12, 3, non so… diverse, diversi colpi col coltello».

Le immagini mostrano il ragazzo mentre mima le coltellate usando una matita: «Mi sembra che volevo colpire il collo, sopra il collo e qua le spalle e poi sulla testa, cioè sulla faccia e poi sulle braccia. Era rivolta verso di me. Si proteggeva dove la stavo colpendo e sul collo, sul volto, in generale si copriva con le braccia. Potrei anche averla colpita sulla nuca». Si ferma però dopo la coltellata a un occhio: «Ho smesso subito. Non avrei voluto colpirla, ecco, in certi punti. Un po’ perché mi ero accorto di averle dato una coltellata sull’occhio e la cosa mi faceva troppo senso, quindi ho smesso».

LA FUGA DOPO L’OMICIDIO: “VOLEVO SUICIDARMI…”

Nell’ultima parte trasmessa si vede e sente Filippo Turetta che racconta di non aspettarsi di arrivare a fare ciò e ricostruire la fuga. Racconta di essersi fermato per cercare il cellulare di Giulia Cecchettin, di averlo gettato insieme al coltello. «Mi ero reso conto di quello che avevo fatto e volevo allontanarmi il più possibile». Racconta di non aver scelto una destinazione, ma di aver cercato un luogo isolato «per nascondere il corpo e per provare magari a… suicidarmi oppure per pensare come fare, cosa fare».

Ma non c’è riuscito. «Non sono molto coraggioso e anche i giorni successivi ci provavo, ma rimandavo sempre la cosa a ore dopo, al giorno dopo. Ho preso lei e l’ho iniziata a nascondere». Agli inquirenti racconta che voleva che il cadavere venisse «trovato nelle migliori condizioni», pur ammettendo che volesse «rallentare un pochino forse che fosse trovata». Infine, durante la fuga ci sono state ricerche «di quello che riguardava me, cioè noi».