Sabato scorso, poco prima della cerimonia di inaugurazione di Artigiano in Fiera, ho letto alcune parti tratte dall’ultimo rapporto del Censis del Prof. De Rita che fotografano la realtà di un Paese senza più desideri, vigore e spessore.
Quest’analisi tocca il centro di una crisi che, prima ancora di essere economica e sociale, è innanzitutto antropologica. Noi che lavoriamo tutto l’anno per dare la possibilità a migliaia di artigiani di promuoversi attraverso i loro prodotti ci sentiamo direttamente interpellati dalle dichiarazioni del Censis.
La caratteristica della nostra manifestazione è valorizzare l’esperienza di uomini e donne radicati in un territorio, in una storia e in una cultura. All’origine c’è una passione per l’uomo nella sua totalità, esito di un’educazione che ho avuto sin da giovane attraverso l’incontro con Don Luigi Giussani. Egli era consapevole, già allora, di ciò che dice il professor De Rita e cioè che eravamo “figli del nostro tempo” e investiti da una sorta di “Effetto Chernobyl”, che aveva reso fragile la nostra capacità di tenere desto il desiderio e la tensione verso l’ideale e la verità.
Davanti a questa evidenza, Don Giussani non è partito analizzando questa fragilità, ma ci ha personalmente testimoniato la forza e la positività di un uomo che vive di fede, indicando a tutti noi una strada possibile per rapportarsi con la vita, con la realtà, cioè con la storia.
Un’esperienza positiva, diventata di tanti amici che allo stesso modo affrontano ancora oggi, in tutte le parti del mondo, disagi e difficoltà (penso ad Africa, Brasile, Haiti) piuttosto che a uomini e donne della Compagnia delle Opere e a tanti altri come i nostri artigiani.
Tale esperienza positiva è il cuore di Artigiano in Fiera. Tutto ciò che affermiamo, tutte le opere che realizziamo sono il frutto del positivo incontrato. In Artigiano in Fiera, ogni giorno ho visto migliaia di uomini felici, non solo per aver acquistato i regali per i propri cari, ma anche per l’incontro con un’umanità espressione di culture e tradizioni che ridestano in loro il desiderio di bellezza, del vero e di bontà. Il Paese ha bisogno di questa positività “in opera”, fatta di uomini, donne, famiglie e imprenditori che non partono da una recriminazione per quello che “il potere” non ha fatto, ma partono da un significato per cui val la pena vivere: sostenere questa positività è la strada di chi ha a cuore il Bene comune.