La profonda crisi economica che stiamo attraversando ha segnato questo ultimo anno. Ma gli effetti non sono solo economici. Ai dati preoccupanti di uno scarso sviluppo economico e della conseguente disoccupazione crescente, si somma uno sconcerto diffuso, una difficoltà a cogliere una speranza di cui riconoscere la presenza già ora nella realtà.
Come abbiamo detto a più riprese, questa crisi nasce dall’avere introdotto nei meccanismi economici un paradigma “non umano”, una rottura che porta a vedere tutto e solo nell’utile qui e subito; il profitto diventa così il fine e non il mezzo, i collaboratori mezzi di produzione e non persone, i competitor di mercato sono nemici e non possibili nodi di una rete comune.
Da qui viene una “domanda di senso” che abbiamo registrato nello svilupparsi della crisi e che ha mosso il nostro agire.
Una crisi così chiede che ci sia una ripresa del desiderio. Lo ha detto anche De Rita nella relazione annuale del Censis sullo stato dell’Italia. Il problema principale è lo spegnersi del desiderio.
Fatto drammatico, perché vuol dire che non abbiamo più la spinta per cercare di vivere meglio, di fare cose migliori, di desiderare un paese più giusto. Senza questa spinta non ci saremmo sobbarcati l’onere di dare vita alle nostre imprese e alle nostre opere.
La ripresa dell’economia sarà resa possibile grazie a uno scatto di desiderio degli imprenditori, dalla loro fiducia rinnovata in un sistema economico e di scambi reale. Non c’era desiderio di bellezza, ma solo avidità, in quell’economia artefatta da formule finanziarie completamente slegate dalla realtà che ci hanno portato alla crisi.
Il desiderio degli imprenditori sta alla base dell’innovazione, intesa come voglia di andare oltre, sperimentare prodotti e metodi nuovi per rispondere meglio a un bisogno.
Il desiderio di bellezza è la matrice del Made in Italy, perché in una terra priva di risorse come l’Italia la capacità dei nostri artigiani di coltivare i saperi ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un patrimonio inestimabile invidiato in tutto il mondo.
Anche le reti di impresa, altro tema fondamentale per il rilancio del Sistema Italia, nascono dove c’è desiderio perché è necessario avere fiducia nell’altro per nutrire quella voglia di mettersi insieme e competere sui mercati internazionali.
Investire nel capitale umano significa lasciare spazio al desiderio dei collaboratori, cioè permettere loro di diventare imprenditori di se stessi, sviluppare quote crescenti di autonomia per contribuire, con i loro talenti e le loro capacità, al bene dell’impresa e quindi al bene della società.
Un uomo da solo fa fatica a rimanere forte nel suo desiderio perché la tentazione di lasciarsi andare, lasciar perdere, abbandonare un’opera per smettere di fare fatica, è molto forte nei momenti di difficoltà.
Lo scopo del nostro lavoro di quest’anno sarà metterci insieme ad altri, mossi da criteri ideali indipendentemente dalle loro appartenenze, per valorizzare e dare spazio a quanto di buono e di vero nasce, per aiutarlo a sopravvivere, crescere e prosperare.
Non può essere la politica a ridare fiato al desiderio che serve per rilanciare una società che non ha più spinta a cercare il bene comune.
È inutile cercare di cambiare la realtà a partire da un disegno astratto e teorico; quello che serve è scommettere sull’uomo, sulla sua naturale capacità di contribuire al bene comune.
Come ha spiegato Don Carròn l’unico modo per fare tutto questo è mantenere desto uno ”sguardo dell’altro mondo che ci da un volto nuovo, col quale presentarci di fronte ai fratelli uomini, ed è l’unica cosa che potrà dare un contributo reale alla società contemporanea”.
Questo sguardo ci impone di accettare una sfida di responsabilità. Insieme a tutti quelli che vorranno impegnarsi con noi cercheremo così di dare il nostro contributo alla realizzazione del bene comune. A fare in modo che farci compagnia sia un ridestare il desiderio che ci ha animato all’inizio dei nostri percorsi.
Così ci auguriamo che il 2011 sia per tutti un anno in cui la speranza abbia solidi esempi, per darci la certezza che desiderare è possibile.