In tempi in cui il “problema” dell’immigrazione alimenta dibattiti e paure, porre all’attenzione dell’opinione pubblica l’immigrato come “una risorsa per Milano” può sembrare inopportuno o persino provocatorio. In realtà mai come in queste circostanze vi è necessità di affrontare i temi caldi – e l’immigrazione lo è senza dubbio – con un approccio che possa fare chiarezza, contrastando le analisi sommarie e le semplicistiche generalizzazioni.
La vera immagine dell’immigrazione straniera a Milano, un collettivo giunto ormai a conteggiare quasi 250 mila unità (pari al 19% della popolazione presente in città), non coincide certamente con quella che viene proposta, spesso con connotazione negativa, nei fatti di cronaca.
L’universo degli stranieri, a Milano come altrove, è popolato da migliaia di “persone” che inseguono faticosamente il progetto di una vita migliore, riproponendo quegli esempi di “senso di responsabilità” e “disponibilità al sacrificio” che il diffuso benessere ci ha progressivamente fatto accantonare.
Gli immigrati nella realtà milanese rappresentano ormai una componente che, passo dopo passo, si integra nel tessuto cittadino, sviluppa una vita di relazione, avvia nuove iniziative e, in un numero crescente di casi, dimostra la capacità di emergere. In una città che, da sempre, ha saputo accogliere e valorizzare il capitale umano che ha bussato alle sue porte, essere oggi immigrati a Milano significa, per molti, avere l’opportunità di riprendere in mano il proprio destino.
E’ dunque alla parte di “iceberg” che non emerge ai fasti della cronaca, che occorre prestare attenzione soprattutto in tempi come questi. Perché la miglior risposta alla visione problematica dell’immigrazione consiste proprio nel non dimenticare tutti coloro -e sono la stragrande maggioranza – che vivono e interagiscono quotidianamente con una città tradizionalmente capace di premiare chi le si affida con fiducia.
E gli esempi in tal senso non mancano. Basta leggere correttamente i dati statistici, presentati sabato 9 aprile in occasione della “Giornata della Sussidiarietà” organizzata da Compagnia delle opere di Milano, quelli che documentano i progressi sul piano dell’integrazione e della mobilità sociale (dalla diffusa conquista di un lavoro adeguato e sicuro, sino al miracolo delle “quattro mura di proprietà” in cui ormai vive un quinto degli immigrati); oppure soffermarsi ad ascoltare le numerose storie di vita che testimoniano le difficoltà della scalata, ma anche i risultati di successo che sempre più spesso accompagnano l’esperienza dell’essere “stranieri a Milano”.
Ossia del vivere in una comunità che si dimostra pronta ad accogliere e a valorizzare sia quella minoranza di persone cosmopolite –oggi definite migranti transnazionali- che contribuiscono a rendere Milano una città internazionale, al pari delle altre città globali; sia tutti coloro che, partiti dal basso e grazie a doti e potenzialità personali (quali la grande volontà, lo spirito di sacrificio, ma anche a un po’ di fortuna), all’aiuto di persone italiane e, soprattutto, alle opportunità che la città ha offerto loro, hanno potuto realizzare un percorso di successo sia in ambito professionale che sociale, conseguendo di fatto una buona integrazione.
Entrambe le figure sono presenti nella realtà milanese, ed entrambe rendono piena testimonianza di come per uno straniero sia stato e sia tuttora possibile crescere e far crescere Milano con il proprio impegno ed il proprio lavoro.