Abbiamo affrontato il periodo elettorale non con un obbiettivo politico, ma con un lavoro avviato mesi fa che ci ha permesso di esprimere un giudizio sulla realtà a partire dalle esperienze in atto che abbiamo potuto riconoscere e valorizzare.

Per questo il lavoro che abbiamo fatto per le elezioni amministrative ci ha convinti e, indipendentemente dal risultato uscito dalle urne, ci indica come proseguire. In questi mesi e in queste ultime settimane siamo stati impegnati in un importante momento di esperienza e testimonianza che nasce da un giudizio chiaro sulla realtà. Quando diciamo che dalla politica non può venire la salvezza intendiamo proprio questo, perché siamo convinti che il nostro compito, nella nostra città come nel nostro Paese, sia portare una socialità nuova dove gli uomini sono protagonisti e lavorano insieme alla costruzione del bene comune.

Una politica sempre più autoreferenziale, concentrata sullo scontro ideologico e incapace di esemplificare le ragioni che la muovono finisce inevitabilmente con l’allontanare i cittadini. Davanti a questa distanza fra politica e realtà quotidiana ha prevalso una reattività istintiva che ha fatto perdere di vista i dati concreti. Là dove le persone hanno potuto incontrare e riconoscere le ragioni che stavano alla base dell’agire politico dei candidati le conferme non sono mancate.

Nasce da questa convinzione il nostro metodo di lavoro che mette davanti a tutto le esperienze, le opere, i volti. La politica che vogliamo è fatta dall’impegno delle realtà impegnate nel dare risposte ai bisogni delle persone, a creare uno sviluppo diffuso, a dare vita a iniziative che riempiono di vita i nostri quartieri.

Scrivevamo che “riconoscere e valorizzare il tessuto di opere e di persone che fanno la ricchezza di Milano, investire sul loro desiderio è la sfida che ha di fronte chi vuole governare la città, avendo come priorità quella di sostenere chi si batte per una cultura educata al bene comune”. Nel nostro agire siamo stati e saremo sempre autonomi dalla politica. All’amministrazione che verrà chiederemo solo la libertà di lavorare per aiutare le nostre imprese a crescere e creare benessere, la libertà di dare ai nostri giovani un’educazione e un lavoro, ai nostri anziani l’assistenza di cui hanno bisogno e alle famiglie il sostegno che serve loro.

Le nostre idee e le nostre istanze non sono cambiate, ancora una volta figlie della tradizione benedettina di chi non guarda alle avversità che ci sono per giustificare la propria passività, ma che si concentra sul giudizio che sta alla base del nostro agire per riaffermare, nel quotidiano, il senso di quello che facciamo.

Nei mesi scorsi abbiamo dato vita a tavoli di confronto tra le opere che si occupano di lavoro, di welfare, di cultura perché crediamo che sia proprio a partire dall’esperienza di chi lavora ogni giorno, dovendosi confrontare anche con la pubblica amministrazione, che possono arrivare le indicazioni giuste per chi governa. Il nostro lavoro in questi tavoli proseguirà nei prossimi mesi, augurandoci che la società civile di Milano sappia rivendicare una propria posizione da protagonista, chiedendo alla politica di mettersi al servizio di chi, lavorando contribuisce al benessere di tutti.

Lavorare sul nostro giudizio per rendere sempre più chiaro questo principio è stato utile perché ha reso più forti le nostre ragioni e ci aiuterà difendere la libertà delle opere come criterio per giudicare l’operato del prossimo sindaco.

Come emerge con forza dagli affreschi di Ambrogio Lorenzetti sul Buongoverno e Malgoverno a Siena, valuteremo le scelte che verranno fatte in base agli effetti che produrranno, certi che solo decisioni che favoriscono la concordia possono promuovere le eccellenze in ogni campo della nostra città.

Per crescere e dare il suo contributo alla crescita del Paese, a Milano non serve un progetto politico, ma la libertà che risponde alle domande del cuore degli uomini e che ogni mattina regge la forza di chi si autoconvoca alla propria responsabilità e al suo lavoro.