Quando il 26 Febbraio 2011 il premier Silvio Berlusconi, intervenendo al congresso dei cristiani-riformisti, asserì che era necessario difendere la libertà di scelta educativa delle famiglie, in molti nacque la speranza che finalmente anche l’Italia si sarebbe messa al pari degli altri paesi europei, dove esiste un vero modello di parità scolastica pubblico-privato.
Il discorso del premier fece sperare che i tagli del 50% dei fondi della scuola pubblica stabiliti dalla legge di stabilità 2011 per il triennio 2011-2013 solo reintegrati per l’anno 2011 a seguito delle pressioni di gran parte del mondo cattolico, (come del resto già avvenuto per i contributi 2009 e 2010), fosse stato solo l’ultimo incidente di percorso.
L’approvazione delle manovre correttive di luglio e agosto ha reso evidente che tale reintegro non è previsto e non avverrà per gli anni 2012 e 2013. Le scuole paritarie dovranno fare i conti con una erogazione di contributi pari a circa il 50% di quelli ricevuti sino ad oggi, è ciò malgrado le rassicuranti parole del premier.
Ma chi colpisce realmente questo taglio? Quali sono i soggetti che ne soffriranno?
Non soffrirà quella porzione di scuole pubbliche non statali con rette proibitive per il ceto medio (10.000-12.000 euro/anno), ma quella che, invece, per permettere una reale libertà educativa, tenta di mantenere costi accessibili al numero più elevato possibile di famiglie.
Colpirà i soggetti più “deboli”, ossia le famiglie dei bambini e ragazzi diversamente abili che, negli ultimi anni, sempre più hanno richiesto tale servizio alle scuole pubbliche non statali, certi di una particolare attenzione. Colpirà i lavoratori delle scuole pubbliche non statali perché molte di esse dovranno chiudere, oberate dai debiti e gli insegnanti che lavorano in tali realtà incrementeranno le file dei disoccupati.
Metterà in difficoltà i Comuni per le domande per la scuola dell’infanzia (solo il 47% di esse sono gestite dallo stato). Soprattutto colpirà anche lo Stato. Infatti a fronte di un risparmio irrisorio (i contributi per tutte le scuole statali corrispondono attualmente a circa 530.000.000 euro e diventerebbero 280.000.000, distribuiti su circa 1.000.000 di studenti) e considerando l’attuale spesa per la scuola pubblica statale (circa 58.000.000.000 di euro distribuiti su circa 8.000.000 di studenti) ogni studente che si traferisce dalla scuola pubblica non statale a quella statale incrementa di 12 volte il costo per lo stato.
Quindi? Cosa potranno fare i gestori delle scuole pubbliche non statali? Avranno la forza, nonostante la disillusione delle speranze suscitate dal programma dell’attuale governo e dalle parole del premier, per continuare a lottare per una libera educazione?
Nell’immediato le azioni di contrapposizione a questo evidente torto dipenderanno dai diversi gestori, ma dovranno comunque agire sia sulla stabilizzazione dei costi dei collaboratori, con alchimie varie per evitare un aumento dei costi fissi, sia sull’incremento, addirittura in corso d’anno scolastico, delle rette.
Anche in questa situazione alcune persone mostrano più responsabilità di alcuni politici, perché hanno seriamente a cuore il valore di una libertà di scelta educativa delle famiglie e quindi della scuola tout court, e disposte a sacrifici per affermare un bene comune.
Ciò è testimoniato da insegnanti che decidono di non ricevere aumenti per tre anni, da genitori che aderiscono alla richiesta di aumento, da libere donazioni per le famiglie più in difficoltà, da genitori che costituiscono un’associazione per raccogliere fondi da destinare al supporto di bambini diversamente abili che frequentano le scuole pubbliche non statali.
Questo impegno continuerà a essere profuso proprio per l’esperienza che genitori insegnanti e alunni, quotidianamente, fanno in un’avventura decisiva nella scuola e per la loro vita. Ci sembra assurdo che la politica, oltre a non riconoscere questo evidente valore, sia continuamente indifferente, se non addirittura ostile, mettendo a rischio la sopravvivenza della libertà di scelta educativa per tutti.
(Andrea Della Bianca e Diego Disperati)