Prima hanno cercato di spiegare che erano necessarie milioni di stazioni di ricarica sulle strade. Poi hanno provato di far capire che per alimentarle ci sarebbe bisogno di centinaia di centrali elettriche nuove. En passant, hanno tentato di spiegare che, visto che quasi tre quarti dell’energia prodotta in Europa viene da fonti fossili, di fatto, si spostava da una zona all’altra la produzione di CO2, c’erano dei problemi nel riciclo delle batterie e nell’approvvigionamento dei componenti, spesso non socialmente sostenibile.
Hanno timidamente fatto notare che la stragrande maggioranza dei clienti era totalmente d’accordo sulla filosofia dell’auto elettrica, ma che nessuno o quasi, facendosi due conti in tasca, se la sarebbe comprata. Alla fine si sono arresi e, come ogni buon imprenditore, stanno cercando di giocarsi la partita con le carte che il mood del tempo e le sgangherate, populistiche e guerce scelte politiche hanno messo loro in mano.
In conclusione, hanno pensato che se davvero divieti e imposizioni costringessero gli europei a cambiare auto nel giro dei prossimi anni ci sarebbero 280 milioni di vetture da sostituire. Un affare colossale. Non sappiamo se si siano riuniti, magari sotto il cappello della Acea e ne abbiano discusso, ma alla fine tutti i costruttori di auto sono allineati e coperti, pronti alla sfida per centrare una grande occasione. Poi hanno dato un’occhiata alle quotazioni di Tesla e hanno pensato: ma se la gente che compra quelle azioni è matta (dopo aver perso quasi il 25% dai massimi i titoli quotano ancora con un p/e vicino a quota mille, ovvero occorrono mille anni per recuperare i propri soldi con i guadagni generati dall’azienda) perché non provare a mettersi in scia di Elon Musk e volare nel magico mondo degli unicorni rosa?
Il trend setter di questo approccio “all in” è il gruppo Volkswagen che ha annunciato di voler raddoppiare la quota di modelli completamente elettrici entro il 2030, passando dal precedente 35% al nuovo obiettivo di oltre il 70%. Ora ne vende 231.600 su oltre 9 milioni con una quota del 2,48%, ma poco importa perché il titolo ha cominciato a salire del 20%. Quindici giorni dopo è arrivato l’annuncio della creazione di sei gigafactory per la produzione di batterie e dell’uscita sul mercato di accumulatori di energia allo stato solido che permetteranno di ridurre i costi delle auto elettriche del 50%.
Non è ancora chiaro dove verranno costruite le nuove fabbriche e perché si è stabilito quella data, il 2025, per il salto tecnologico atteso da tutti e non il 2026 o il 2024. Ma è bastato. In tre giorni il titolo è volato da 230 a 340 euro con un guadagno vicino al 50%, che, putacaso, è quasi identico all’ipotizzato crollo dei prezzi dei veicoli elettrici. La crescita della capitalizzazione, però, è già avvenuta, la riduzione drastica dei prezzi la dobbiamo ancora vedere.
Qualche giorno fa, poi, ha cominciato a girare la voce che il gruppo voleva cambiare nome da Volkswagen a Voltswagen. I più l’hanno presa come una fake news. Ma la filiale americana ha confermato e le azioni sono salite ancora. Di poco, solo il 15% ma sono salite. Alla fine il gruppo è stato costretto ad ammettere che era solo una “campagna di marketing” aggressiva e le azioni sono scese del 5%. Cosa abbia a che fare il nome della società con il valore della sua capitalizzazione in Borsa non è dato sapere. Perché sale se si chiama Voltswagen e scende se tiene un nome che si porta dietro dal 1937 ed è una garanzia di solidità teutonica? Boh! È quello che succede e bisogna adeguarsi. O meglio le aziende devono adeguarsi perché si tratta di affari, fatturato, posti di lavoro e, anche, potere.
La parola d’ordine è “seguire la corrente del fiume” che, in questo momento, è quella elettrica. Quella degli annunci, quella delle mete lontane e degli obiettivi ambiziosi, fino al limite della credibilità e anche oltre. È controproducente parlare di riduzione dei costi con dei tagli al personale, anche se saranno inevitabili. Non funziona mostrare conti in ordine o concrete possibilità di sviluppo del business. Bisogna esagerare senza timore di essere incoerenti. Elon Musk insegna.
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